Arti Performative

Bluteatro // Portami a casa di qualcuno

Renata Savo

Con “Portami a casa di qualcuno” di Bluteatro, tra le più vivaci realtà teatrali romane, l’ingresso in teatro è il capolinea dove si incontrano attori e spettatori per condividere la tenerezza e i disagi di personaggi stereotipati, malinconici e frustrati


 

Bluteatro rappresenta una delle più vivaci compagnie teatrali romane e si appresta a diventare tra le più fertili su scala nazionale. Composta in gran parte da ex allievi dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, sono vincitori nel 2011 del Premio Attilio Corsini (per La Bottega del caffè) e finalisti al Premio Dante Cappelletti nel 2013 con Funhouse. Già solo questo rivelerebbe l’inutilità di ulteriori presentazioni, ma mettiamoci pure che il nuovo allestimento de La bottega del caffè di Goldoni è andato in onda su RAI5, e che nel mese di giugno la compagnia ha debuttato al Napoli Teatro Festival con Il dono, tratto da Brevi interviste con uomini schifosi di D.F. Wallace.

Gli attori di Bluteatro hanno molto da insegnare, e infatti sono particolarmente attivi sul versante della formazione: nel 2014, per esempio, assumono la direzione della Scuola di recitazione del Teatro dell’Orologio. Curioso che non vogliano identificarsi con uno stile forte, preferendo adottare un approccio alla regia aperto e curioso: ogni nuovo lavoro si tramuta in un’occasione per rimettere in discussione il già detto o il già fatto. Scelgono indifferentemente opere classiche e contemporanee, teatrali (Aristofane, Goldoni) e non teatrali; nel 2014, per esempio, si confrontano con il romanzo di D. F. Wallace, Verso Occidente l’impero dirige il suo corso, realizzandone una brillante versione scenica nell’assoluto rispetto della forma del romanzo, senza operare tagli o cesure di alcun tipo.

Bluteatro è anche nuova drammaturgia, testi inediti da loro composti. E’ il caso di Portami a casa di qualcuno, andato in scena qualche tempo fa al Teatro Brancaccino: uno spettacolo scritto nel 2013 da Massimo Odierna (che ha curato anche la regia), ambientato – e quando è stato possibile, rappresentato – all’interno di un autobus.

L’ingresso alla sala del Brancaccino è il capolinea dove si incontrano attori e spettatori per condividere la tenerezza e i disagi di personaggi stereotipati, malinconici e frustrati, comici e grotteschi. Il palcoscenico nudo diventa l’interno dell’autobus evocato dalla presenza in fila di sedie affiancate l’una all’altra; davanti, in proscenio, separato e solitario, il posto del conducente, insieme all’elemento essenziale di uno sterzo montato su un’asta con treppiede.

Personaggi di questo lavoro, a metà tra un Aspettando Godot (qui si aspetta invano la partenza dell’autobus) e una pièce di Ionesco, sono sei individui ai margini della società: un uomo malinconico che ripete in continuazione di voler riportare un pallone al figlio, un’attrice avvenente ma di scarso talento che elargisce “biglietti da visita”, una giovane tossica, un inventore schizoide e armato che finge di essere il controllore, un controllore vero, una madre chioccia responsabile delle psicosi del figlio. Quasi fuori posto, proprio lui che dovrebbe essere padrone della situazione, si trova a essere l’autista: vittima innocente tra le vittime colpevoli delle proprie miserie, silenzioso e basito osservatore di questo pittoresco quadretto reso vita dalla cura prestata alla recitazione e all’intonazione vocale; un quadretto bello e aggraziato, merito della perfetta distribuzione delle parti tra gli attori (Diletta Acquaviva, Vincenzo D’Amato, Stefano Ferraro, Massimo Odierna, Maria Piccolo, Sara Putignano, Nicolò Scarparo), che con le loro espressioni di tenerezza, stupore e ingenuità tengono lo spettatore divertito e ben incollato alla sedia come un bambino davanti ai cartoni animati.

«Portami a casa di qualcuno» è l’eco interiore di voci solitarie che non trovano ascolto, che chiedono di fuggire via. Il finale, perciò, assurdo e inatteso, coincide con l’abbandono totale degli ideali terreni cui ci si era aggrappati e la fiducia improvvisa in una natura alternativa, forse più ospitale e meno dolorosa, raggiungibile solo attraverso un’altra via di fuga, e un altro mezzo di trasporto (una nuova trappola, probabilmente), diretto verso l’ignoto.


Dettagli

  • Titolo originale: Portami a casa di qualcuno

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