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“Carne”: grassa, ricca e generosa parola, in pasto a Frosini/Timpano

Renata Savo

In anteprima nazionale, il Teatro dell’Orologio di Roma ha ospitato “Carne”, testo di Fabio Massimo Franceschelli pensato per Frosini/Timpano. Al centro, una lotta tra sessi, una lotta tra ideologie, destinata a ripetersi all’infinito e a non avere vincitori né vinti: vegani contro mangiatori di carne.

In Zombitudine avevamo lasciato Daniele Timpano ed Elvira Frosini a dissertare sulla figura dello zombie nell’immaginario occidentale. Lo zombie come paradigma dell’ambiguità che permea il reale, per la compresenza nella sua natura di due stadi, la vita e la morte, e al tempo stesso espressione dell’immobilismo dei nostri tempi. Sempre in Zombitudine avevano identificato la sala teatrale come il baluardo di esistenze ai margini, le esistenze delle persone che fanno, frequentano, vedono, comunicano il teatro e che un po’ consapevolmente, un po’ inconsapevolmente, sono entrate a far parte di una comunità. La comunità, d’altro canto, c’era stata davvero, quando diciotto compagnie romane si erano “Perdutamente” immerse in un cantiere teatrale, al Teatro India, tra ottobre e dicembre del 2012: da lì partirono i “lavori”, gli studi, per numerosi spettacoli che nei mesi e anni a venire hanno poi ricevuto visibilità e riconoscimenti, pur con le difficoltà economiche che si possono immaginare.

Dentro altre parole, nuove spettacolari dissertazioni – questa volta non le loro, ma dell’autore e regista teatrale Fabio Massimo Franceschelli – in Carne, andato in scena in anteprima nazionale al Teatro dell’Orologio di Roma dal 14 al 17 aprile, li abbiamo così trovati a riprendere le fila del discorso, almeno in apparenza, lì dove li avevamo lasciati: lo «zombie». Vestiti di nero, una scena vuota, solo due treppiedi con microfoni. Non è rimasto più nulla dell’apparato scenografico che ritraeva un vecchio teatrino dalle pareti ammuffite e che faceva da sfondo a un plot a metà tra Aspettando Godot e un film dell’orrore all’alba di un’ipotetica apocalisse zombie. Si parte però certamente non a caso, quasi per gioco, da quella parola, «Zombie», rivolta dalla donna, Elvira Frosini, a suo marito, Daniele. Sono sempre loro, infatti, la coppia comica. Coppia come fuori dal palcoscenico.

Ossequioso e profondo conoscitore dello stile di Frosini/Timpano, Franceschelli dispiega per i due attori, a colpi di parole, una lotta tra sessi per addentrarsi nel discorso semiserio di una lotta tra ideologie, destinata a ripetersi all’infinito e a non avere vincitori né vinti.

L’impianto drammaturgico è costruito su un fatto banalissimo: lei è vegana, lui no. Questa crisi coniugale, però, dovuta a una contrapposizione etica costituisce soltanto il pretesto per innescare una serie di contrasti verbali sulla falsariga dello stile “timpanesco”: parole sgranate e intonate come un rosario, fatti trattati come prismi attraversati dalla luce, una luce di pensiero e scrittura che illumina, mette in rilievo, parallelismi, metafore, slittamenti di senso, alimentando un sostrato di riferimenti attuali, letterari, artistici e filosofici che, decontestualizzati, rielaborati o accostati, suscitano ilarità ricordandoci che il teatro è sì un “atto politico”, ma anche entertainment.

La “carne” si pone come baricentro attorno al quale ruotano e si bilanciano altre questioni: “carne” è una parola grassa, ricca e generosa data in pasto a due attori per scavare nell’intimità domestica di due strambi coniugi e per esporre le loro squilibrate dinamiche – di potere – relazionali e, infine, discorrere tra il serio e il faceto sull’eterna dicotomia tra uomo e animale, tra ciò che è moralmente ingiusto e quello che semplicemente risponde alle leggi spietate della natura, tra desiderio di libertà e necessaria adesione agli habitus sociali: in pratica, etica Vs istinto.

Il testo, perfettamente calzato dalla presenza di Frosini/Timpano, attraverso la rappresentazione del rapporto uomo/donna comicamente portato all’ossimoro, arriva in fondo a porsi come la dichiarazione di un fallimento: il fallimento del pensiero positivista, e quindi della fede nella causa della Civiltà e nel progresso che pretendono di inquadrare storia e scienza come fenomeni dimostrabili o prevedibili. Non esistono verità assolute. Chi stabilisce cos’è la verità? Quante dimostrazioni occorrono per formularla? L’unica verità consiste nell’impossibilità assoluta di stabilire da che parte si trovi, perché tutte le opinioni pronunciabili a favore di ciascuna delle due posizioni hanno di fatto la stessa rilevanza: «Se non c’era Noè dove cazzo andavate a finire, bestiacce?». La vita, per usare le parole di George Orwell, più volte citato, non è una scienza assimilabile all’equazione «quattro gambe “buono”, due gambe “cattivo”».

Frosini, Timpano e Franceschelli porgono con piacevole leggerezza la questione allo spettatore: mangiare o meno la carne è una questione complessa, non solo etica e non solo medica. E infatti sono numerosi gli immaginari spiegati: la carne è sesso e piacere (i «piaceri della carne»), morte («carne che marcisce»), diventa soggetto estetico e/o inestetico; erano “carne”, infatti, i corpi morti e plastificati dell’artista-scienziato Gunther von Hagens, che ha trasformato la morte in “bellezza”, ma anche in prodotto, oggetto di compravendita.

La lotta tra i sessi, allora, da sempre tema prediletto dagli autori comici, viene qui riletta come una lotta quotidiana per la sopravvivenza e per la coerenza. Ma, appunto, la carne è debole. E proprio come accade in Animal Farm di Orwell, si può giurare che lo stesso individuo che oggi si dica pronto a dare la propria vita in nome dell’uguaglianza e del rispetto verso il prossimo, sarà in futuro il primo a posare la sua bandiera per cedere alla tentazione di esercitare potere contro l’altro, uomo o animale che sia.


Dettagli

  • Titolo originale: Carne
  • Regia: Elvira Frosini e Daniele Timpano
  • Anno di Uscita: 2016
  • Musiche: Ivan Talarico
  • Produzione: Frosini/Timpano, Kataklisma Teatro
  • Cast: Elvira Frosini e Daniele Timpano


Altro

  • Testo: Fabio Massimo Franceschelli
  • Collaborazione Artistica: Alessandra Di Lernia
  • Assistente alla Regia: Sonia Fiorentini
  • Progetto Grafico: Davide Abbati
  • Visto il: Sabato, 16 Aprile 2016
  • Visto al: Teatro dell'Orologio, Roma

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