Arti Performative

Dynamis/La Fabbrica dell’attore // Anselmo e Greta

Renata Savo

Al Teatro Vascello è andata in scena una rielaborazione in chiave contemporanea della fiaba di Hansel e Gretel sui rapporti contraddittori tra genitori iperprotettivi e bambini disorientati, incapaci di distinguere il bene dal male.


 

Ci sono spettacoli pensati per ragazzi talmente ben fatti da lasciare spiazzati persino gli adulti. Anche quando il punto di partenza rappresenta programmaticamente un’opera per i più giovani, come le fiabe dei fratelli Grimm tramandate di padre in figlio da generazioni ormai, la loro trasposizione in chiave contemporanea non permette al tempo di farle allontanare come una galassia da noi.

Così, la fiaba di Hansel e Gretel, per l’occasione Anselmo e Greta, portata sul palcoscenico del Teatro Vascello di Roma lo scorso week end dalla giovane compagnia Dynamis, ha vivificato l’assunto secondo il quale i miti che ci trasciniamo dal passato hanno sempre qualcosa di nuovo da insegnarci.

Il testo diventa pretesto per denunciare alcuni metodi educativi dalle conseguenze più deleterie che benefiche. La fiaba dell’abbandono, infatti, è stata rovesciata: se i genitori opprimono la libertà dei propri figli con troppe regole da rispettare e la vita dei bambini diventa un puzzle game dentro cui incastrare un numero inverosimile di attività convinti che saranno tutte stimolanti per la loro crescita – anche se spesso rappresentano la proiezione dei desideri dei loro genitori – ecco che ci troviamo di fronte ad altri mostri, altre streghe da temere. Il male, proprio come nella fiaba di Hansel e Gretel, s’insinua dentro casa, dove normalmente non si vede.

Bambini iper-protetti, iper-controllati, iper-tecnologici. Viziati. Genitori assenti. Genitori virtuali. Genitori che dimenticano i figli nelle auto al sole. Che li abbandonano nell’area di intrattenimento per bambini all’ipermercato (la casetta di marzapane…). E poi regole. Regole ovunque. Paura dell’altro, di ammalarsi, di morire.

C’è tutto un immaginario più o meno esplicito in questo spettacolo, che ogni genitore e bambino del nostro tempo conosce bene. Interessante, allora, non è tanto quello di cui si parla quanto il modo semplice ed efficace attraverso il quale tutto questo viene messo in scena: uno schermo gigante mostra i volti dei genitori connessi tramite Skype assumere forme inquietanti mentre impartiscono regole e raccomandazioni ai loro bambini; regole viste come necessarie, ma che in realtà alimentano le insicurezze dei figli, oppure, non meno peggio, rendono incapaci di distinguere il male dal bene. Questi adulti alzano il tono di voce, si deformano e si trasformano in spettri, mostri. Ma, allora, se i mostri sono sullo schermo, dove sono “gli altri”?

Lo rivela il finale rovesciato, tenero e lieto. Buona idea quella di inserire la didascalia finale, essendo tutto lo spettacolo chiaramente educativo, ma con gusto: la retorica c’è, ma viene frullata e rovesciata sul palcoscenico per lasciare allo spettatore adulto il tempo di riflettere sui suoi stessi modi di agire nei confronti dei bambini, e ai bambini, il ricordo che la paura, a volte, si annida anche lì dove non c’è il pericolo.


Dettagli

  • Titolo originale: Anselmo e Greta

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