Arti Performative

Andrea Cosentino // Angelica

Renata Savo

Per LIBRE!, la rassegna romana sul teatro di narrazione, al Teatro San Genesio abbiamo visto un piccolo gioiello del repertorio di Andrea Cosentino


 

Roma. “Raccontami una storia su Roma”, disse l’amico e collega Pierpaolo Palladino ad Andrea Cosentino. Ma ad Andrea Cosentino non puoi chiedergli di raccontarti una storia, ché nel suo racconto se ne sovrappongono tante, più o meno documentate, reali e fittizie.

Qualsiasi oggetto gli capiti sotto mano diventa mezzo per dare vita a personaggi reali ed immaginari dentro un flusso che cambia rotta imprevedibilmente e viaggia alla velocità rapida del suo parlato. E’ impresa assai ardua tentare di racchiudere in poche righe uno spettacolo di Andrea Cosentino, a causa della molteplicità impressionante dei modi in cui se ne può discutere. Ma anche se sconnessa in apparenza, la sua narrazione rivelerà sempre, con sorpresa, una sua intima coerenza.

Bisognerà avere fiducia: il nostro punto di vista sulla sostanza dello spettacolo potrà mutare con la frequenza di pochi minuti, ed è lo stesso Cosentino a sottolineare più volte l’incertezza di ciò che sta rappresentando; ma tiene a rassicurare che prima o poi tutto “tornerà” come «la polvere alla polvere» … o «come nella televisione, quando fai zapping».

Angelica, quindi, è il lavoro su Roma che gli era stato commissionato dall’amico Pierpaolo Palladino, ma pure uno spettacolo che «parla della difficoltà di parlare della morte», la recita della morte di Angelica, attrice di telenovele. Angelica muore non una, ma tante volte, nell’appartamento scelto come location, proprietà di una vicina anziana. E nel rappresentare questa morte riproducibile, a teatro Cosentino lascia tutti a bocca aperta, spettacolarizzandola fino all’eccesso: la sua gola “soffocata” fa arrossire realmente il suo volto. Come regista della telenovela, si diverte a farle ripetere la scena proprio perché questa sua “perfezione” nell’esecuzione tradisce il vero: «nella vita reale» non puoi dire che uno «è morto bene», «muori una sola volta ed è quella lì». La sua spettacolare interpretazione, quindi, finta (perché siamo a teatro) e reale (perché imita la realtà) al tempo stesso, esprime, ribaltandolo in parodia, il paradosso “diderotiano” secondo il quale per rappresentare vividamente le passioni occorra prima di tutto “razionalità”.

Ma Angelica è anche uno spettacolo sulle possibilità di raccontare e di far interagire forme di comunicazione diverse attraverso il linguaggio teatrale. Un pretesto per mostrare come sarebbe il teatro, o la vita, se vi si potesse applicare il montaggio cinematografico.

Con l’abilità di un genio e l’immaginazione di un bambino, passa dall’universale al particolare, dal campo lungo al primo piano. Lancia a se stesso una sfida: deve riuscire a far incontrare la «Storia con la S maiuscola» e la “storia” di poveri cristi della porta accanto, e ti ci porta per mano nel suo quartiere, a Roma, dove vive da soli dieci anni ma artisticamente è diventata un po’ la sua madrepatria. Gli basta citare un Pierpaolo Palladino per venire attratto dal richiamo irresistibile del quasi omofono Pier Paolo Pasolini, e allora ti mette “un attimo” a conoscenza di un suo saggio di sei paginette sul cinema, il montaggio, e la morte. Dalla Storia di Roma passa al Giubileo, e dal Giubileo a un piccolo Papa Wojtyla (dieci anni sono passati da quando Andrea Cosentino ha portato per la prima volta in scena Angelica) che sbuca dalla carrozzina di un bambino, lui che quando passava con la papamobile i bambini glieli lanciavano per farli benedire, e s’andavano a spiaccicare sui vetri.

E mentre ti cita Pasolini, Papa Wojtyla, e la vecchietta della porta accanto, Cosentino non smette un istante di pensare a voce alta allo spettacolo mentre lo fa, fondendo i piani in un’unica partitura drammaturgica curata nei minimi dettagli, dove nessun elemento ha meno importanza dell’altro; tutto viene mescolato sul palcoscenico per plasmare il mondo passato attraverso i suoi sensi, il contatto con gli oggetti, e in questa forma frammentaria e incompiuta viene restituito allo spettatore, svelando il processo di costante ri-attualizzazione della memoria. I suoi personaggi stereotipati, strampalati e grotteschi sembrano lontani anni luce. Eppure, nel nostro inconscio coviamo come la sensazione che in ciascuno di essi giaccia un pezzetto di noi.

 


Dettagli

  • Titolo originale: Angelica

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