Cinema

La collina dei papaveri

Fausto Vernazzani

Esce nelle sale, solo il 6 Novembre, il nuovo film dello Studio Ghibli, “La collina dei papaveri”.

Il Giappone è una ferita aperta sul mondo, la sua cultura mai si dimenticherà del trauma subito a partire dalla seconda metà dell’Ottocento fino all’esplosivo termine della Seconda Guerra Mondiale. Il cambiamento ha travolto le isole nipponiche come uno tsunami infuriato e spietato a partire dall’inizio dell’era Meiji fino all’occupazione statunitense che ne ha stravolto definitivamente le basi fino a trasformarlo in un luogo in costante rinnovo verso un modello nuovo: la grande prova si tenne però nel 1964 con i giochi olimpici tenutisi a Tokyo.

Vetrina di un paese in mutazione è quella collina che dà il titolo al secondo film da regista per Goro Miyazaki, ovvero La collina dei papaveri, su cui sorge l’abitazione dei nonni di Umi (Masami Nagasawa). Una piccola rivoluzione si sta scatenando nella scuola del paese, tutti i ragazzi si rivoltano contro l’abbattimento dell’edificio dove trovano una casa tutti i club degli studenti, dall’astronomia alla chimica, dal cubicolo dell’unico filosofo al club della letteratura di cui fa parte Shun (Junichi Okada). Umi e Shun sono accomunati da un desiderio: poter sapere qualcosa in più dei loro genitori. Tra un colpo di scena e l’altro, la storia dei due ragazzi si contorce sempre di più nel dubbio di quali siano le loro origini.

La ricerca di un’identità nel proprio passato, il tentativo di salvare un edificio storico dall’abbattimento, il tema della novel di Tetsuro Sayama è chiaro: per sapere chi siamo dobbiamo proteggere e conoscere chi siamo stati. Un racconto che ha le sue implicazioni politiche, forte di una penna superiore alla sceneggiatura, Hayao Miyazaki (insieme a Keiko Niwa), capace di saper incastonare la poesia della spensieratezza in dei personaggi dalle fattezze giovani, ma più maturi di qualunque adulto. From up on Poppy Hill (titolo internazionale) si distingue dal corpus immaginifico dello Studio Ghibli per ascriversi a quel filone più vivo e naturale appartenuto per lo maggior parte al maestro Takahata: il racconto della realtà, la naturalezza e lo stato delle cose come sono nel mondo che viviamo.

E’ difficile non riuscire ad immedesimarsi nei sogni e nei desideri di questi piccoli protagonisti disegnati e scritti con così tanta passione e naturalezza da potere essere facilmente veri. E’ invece un peccato capitale sapere che sarà proiettato in Italia per un solo giorno, una pratica distributiva suicida che danneggia quelle ottime pellicole che ci arrivano dal Giappone. Il salto di qualità di Goro merita l’appoggio degli italiani.


Dettagli

  • Titolo originale: Kokuriko-zaka Kara
  • Regia: Goro Miyazaki
  • Fotografia: Atsushi Okui
  • Musiche: Satoshi Takebe
  • Cast: Masami Nagasawa/Giulia Tarquini, Junichi Okada/Lorenzo De Angelis
  • Sceneggiatura: Hayao Miyazaki, Keiko Niwa

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