Arti Performative Mutaverso Teatro

“Il teatro è per noi prima di tutto mistero e sacralità”. Intervista ad Alessandra Ventrella di DispensaBarzotti

Gertrude Cestiè

Victor, ultima produzione della compagnia DispensaBarzotti, spettacolo diretto da Alessandra Ventrella e liberamente ispirato al Frankestein di Mary Shelley, sarà ospite questa sera, 16 febbraio alle ore 21 a Salerno, all’Auditorium Centro Sociale, in prima assoluta campana, come terzo appuntamento della stagione Mutaverso Teatro, giunta alla sua terza edizione sotto la cura e direzione artistica di Vincenzo Albano.

“Scene Contemporanee”, mediapartner di Mutaverso Teatro, ha incontrato la regista e co-fondatrice della compagnia, Alessandra Ventrella, per dialogare su questo lavoro – già vincitore del Premio delle Giurie Direction Under 30 2017, del Premio Strabismi 2017 e del Premio Casa con Vista Fringe 2017 – e sulle possibilità del teatro, dei suoi infiniti modi di raccontare.

Foto di Nicolò Cecchella

Victor è il vostro primo lavoro ispirato ai romanzi dell’orrore. Nello specifico attraversa la figura del Dr. Frankestein ispirandosi all’omonimo capolavoro letterario. Cosa vi ha spinto a fare del romanzo di Mary Shelley materia di partenza per uno spettacolo teatrale?

Entrambi abbiamo amato questo romanzo che intercettava naturalmente immagini, atmosfere ed emozioni che stavano dentro di noi prima del teatro, come persone, e che avevamo l’urgenza di raccontare. Di questo romanzo ci ha interessato non tanto l’intreccio, quanto piuttosto i suoi protagonisti. Gli incubi, la paura che diventa malattia. La solitudine di cui ci si libererà, forse, in un’altra vita.

Tentando un parallelismo con il vostro protagonista e il personaggio letterario che lo ispira: Victor Frankestein è animato dall’estremo desiderio di voler dare la vita a ciò che ne è privo, credendo di scoprire l’inafferrabile segreto della vita stessa. Nel vostro lavoro, nelle vostre modalità teatrali e nel grande studio che fate nel teatro di figura, c’è l’intenzione di avvicinare il segreto del teatro, ammesso che ve ne sia uno, o uno soltanto?

Il teatro ha una personalità di cui non possiamo afferrare il segreto. Per noi è prima di tutto mistero e sacralità ed a questo che cerchiamo di dare vita. Ci stupiamo come bambini e ci auguriamo con tutti noi stessi che questo accada anche nel pubblico. Roberto Calasso dice questo molto meglio di noi: «Il sogno più antico ed efferato del mondo in cui viviamo è quello di rendere cosa il fantasma».

Proponete Victor come primo capitolo di un’ideale “Trilogia dell’immortalità”: quali saranno gli spunti per gli altri due capitoli o, se già maturato in un’idea concreta, quale senso attribuite all’intero lavoro, una volta completato?

L’idea di questi tre spettacoli nasce dal nostro desiderio di raccontare le potenze incontrollabili che abitano i nostri corpi. Potenze che emergono quando le nostre identità perdono il proprio centro emotivo. Immortale è colui che è ossessionato dall’idea del tempo e che non sa accettare il mutamento; immortale è colui che rifiuta la fine e si rinchiude nell’incubo del controllo assoluto della natura.

Continueremo a lavorare a partire da altre figure che sono entrate a far parte dell’immaginario collettivo in maniera indelebile e da altri due grandi romanzi dell’“orrore”: “Dracula” di Bram Stoker e “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Robert Louis Stevenson. 

Tornate a esibirvi nella stagione Mutaverso Teatro. Che senso assume per voi, compagnia giovane, ma dal carattere e dall’identità già ben definiti, portare i vostri spettacoli in un contesto altrettanto giovane, ma molto motivato, come quello di Mutaverso Teatro, che fa della territorialità e della qualità i suoi punti di forza? 

Tornare per ben due volte nella stagione di Mutaverso Teatro ci fa onore. A Salerno abbiamo incontrato un pubblico curioso, attento e affettuoso, che ci ha dato un riscontro reale, per noi preziosissimo. Organizzare e fare teatro è una vera e propria sfida. In un contesto così problematico, gli organizzatori si trovano davanti ad uno dei compiti più ingrati: costruire contesti che possano produrre da una parte un pensiero dal punto di vista artistico; dall’altra, si ritrovano a dover continuamente inventare forme di gestione del lavoro che rispettino a pieno la dignità di quest’ultimo. Molti ci stanno riuscendo o si battono per questo e, nella nostra piccola esperienza, siamo molto felici di averne incontrati alcuni. 



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