Arti Performative Focus

“Alpenstock”: identikit del maschio xenofobo in chiave ironica

Renata Savo

C’è una norma antropologica non scritta ma vigente, che gli autori di teatro, quelli più accorti almeno, conoscono e applicano molto bene. Simile al “cliché”, la chiameremo, sia per gioco sia per svincolarci dal suo utilizzo spregiativo: la regola del “tutto torna”.  Prendiamo una persona di sesso maschile, per esempio: la regola del “tutto torna” non scritta afferma che esiste un legame, non spiegabile ma certo, tra il fatto di essere “nazionalista” e desiderare di avere un partner – rigorosamente del sesso opposto – succube dei propri valori etico-morali. Si ricorderà senz’altro la dichiarazione (marzo 2018) di Elisa Isoardi, la conduttrice televisiva (dal prossimo settembre in pianta stabile a La prova del cuoco… ) compagna del neo Ministro dell’Interno Matteo Salvini, che ha fatto il giro del web: «una donna, per quanto in vista, deve dare sempre luce al suo uomo. E spesso la luce si dà arretrando»; oppure, sempre per restare in tema, la stessa Isoardi che condivide con i suoi follower foto che la ritraggono intenta a stirare camicie di venerdì sera. La regola del tutto torna dice, ancora, che chi supporta una tale Weltanschauung è spesso xenofobo, e inoltre, poco incline al dialogo e al confronto, aspetto per giunta collegabile a un’indole aggressiva e a un più facile uso della violenza per eliminare ogni sospetto di minaccia alla propria causa ideologica.

Antonella Questa. Foto di Enrico Gallina

Tra il serio e il faceto, non si fa fatica a proiettare nella coppia tratteggiata in Alpenstock di Rémi De Vos, spettacolo andato in scena in prima assoluta per l’Italia al Teatro di Rifredi di Firenze e qui ritornato dal 4 all’8 aprile, una parodia di quella Salvini-Isoardi, che il voto della maggioranza degli italiani sembra in modo profetico – e tristemente – assurgere a modello. Il titolo del testo, composto nel 2005 e spaventosamente attuale, riprende uno strumento utilizzato per le escursioni alpine, un grosso bastone di legno dotato di punteruolo di ferro.

Ciro Masella e Antonella Questa. Foto di Enrico Gallina

Diretta da Angelo Savelli e interpretata con indiscutibile intensità da Antonella Questa (che ne ha curato la traduzione), Ciro Masella e Fulvio Cauteruccio, la messa in scena è ambientata in un paradossale e asettico interno domestico, che sormonta una base di finto prato. Sull’unica parete scenica, quella centrale, è posto il quadro di una località alpina pura e immacolata, un immaginario «Kyrolo» verso cui Fritz (Ciro Masella), marito in apparenza dolce e premuroso, nutre una sorta di religiosa devozione e per questo, inconsciamente, lo ha replicato nella sua abitazione, circondata dal verde. Sua moglie, la deliziosa quanto ingenua Grete (Antonella Questa), è una casalinga scrupolosa: «Non smetto mai di strofinare e lucidare. Tutto è in ordine! La casa è di una pulizia inimmaginabile! Sfido chiunque a trovare la minima traccia di sporco», dice a Fritz, durante una conversazione parossisticamente mielosa, che ha interrotto le sue consuetudinarie faccende domestiche. A un tratto, un episodio semplice e apparentemente insignificante innesca una questione “pirandelliana”: Grete racconta a Fritz di essere andata a comprare il detergente per i pavimenti al mercato cosmopolita, un fatto inaccettabile per il marito, fervente conservatore e nazionalista, tratto che gli viene attribuito anche dai tradizionali pantaloncini con bretelle (Lederhosen) diffusi in Baviera e Trentino-Alto Adige che indossa. Inizia, così, una crisi di coppia che esplode del tutto con l’arrivo di Yosip, personaggio diametralmente opposto al frigido e puntiglioso Fritz.

Fulvio Cauteruccio. Foto di Enrico Gallina

Yosip, di cui è infallibile interprete l’aitante Fulvio Cauteruccio, «balcano-carpato-transilvano», sintetizza lo stereotipo dell’immigrato proveniente dai paesi balcani, e sopraggiunge furtivamente in casa della coppia dopo aver inseguito Grete nel suo tragitto dal mercato cosmopolita. La regia fa bene a commentare il suo arrivo con una melodia sdolcinata e passionale, come se, piuttosto, Yosip facesse irruzione nella vita di Grete per salvarla dalla sua gabbia in cui non sono ammesse imperfezioni, una vita di devota sottomissione a rigidi schemi di comportamento. Ci pensa proprio Fritz, di ritorno dal lavoro, a rovinare il piacere dell’incontro, sentimentale e sessuale – e tutt’altro che indesiderato – di Grete: con un colpo di ascia, Yosip cade a terra morto. La sequenza si ripeterà più volte (e ogni volta il nuovo arrivato Yosip sarà un “parente” gemello dello Yosip che lo ha preceduto), laddove la reiterazione, a un occhio intelligente, sta a significare non la serietà (e serialità) drammatica di uno “stupro” da parte di un extracomunitario, quanto, al contrario, la sua “innocenza”, perché nella pièce l’adulterio, per la donna, non è altro che un atto liberatorio dalle catene di una mentalità asfissiante e imposta da fattori esterni che impediscono la realizzazione della felicità personale.

A questo punto, però, sorge un dubbio. Viste le ultime elezioni politiche, è lecito immaginare tra il pubblico una, benché minima, percentuale di persone antieuropeista e tendenzialmente xenofoba. Siamo assolutamente certi che nella nostra società bombardata a livello mediatico da notizie di stupri da parte di immigrati clandestini (ma solo perché molti di più, probabilmente, a opera di maschi italiani vicini alle stesse vittime, non vengono denunciati) il messaggio sia chiaro e non si cada nell’errore di alimentare la paura verso lo “straniero”? La questione di una esatta interpretazione critica dell’operazione drammaturgica è assai delicata. Proprio pochi giorni fa veniva affrontata dalla redazione di “Ateatro.it” a proposito di un altro spettacolo che ha usato l’ironia per argomentare cliché e pregiudizi verso l'”altro”, lo straniero (nella fattispecie, dalla pelle nera): Acqua di Colonia di Frosini/Timpano.

Sottovalutare le possibilità e le probabilità di una corretta interpretazione critica da parte dello spettatore medio, di opere in cui sono trattati con ironia temi scottanti, diventerà – di questi tempi, ahimè – indispensabile?

Ciro Masella e Antonella Questa. Foto di Enrico Gallina



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