Libri

Vetrina. “Viale dei giganti”

Roberta Iadevaia

In Viale dei giganti di Marc Dugain c’è la vita, romanzata, di Ed “Co-ed Killer” Kemper, uno dei serial killer più efferati della storia d’America.

Cosa conduce una persona a diventare un serial killer? Questa la domanda alla base dell’ultimo libro di Marc Dugain, Viale dei giganti (Isbn edizioni), biografia romanzata di uno dei più efferati assassini seriali d’America: Edmund Kemper.

Alto più di due metri, con un QI “superiore a quello di Einstein”, Kemper  uccise i nonni paterni all’età di 15 anni; rinchiuso in un ospedale psichiatrico, fu dichiarato perfettamente normale e perciò liberato dopo meno di cinque anni. Tra il 1972 e il 1973 si rese responsabile di sei omicidi di giovani autostoppiste a cui si aggiunsero quello della madre e della sua migliore amica.

Attraverso una prosa asciutta che non indugia (quasi) mai negli aspetti più macabri, lo scrittore senegalese ripercorre le vicende essenziali della vita di Kemper (Al Kenner nel romanzo) focalizzandosi sui risvolti psicologici, sui meccanismi cioè che hanno condotto l’uomo a uccidere, primo tra tutti la disastrosa situazione famigliare.

Ciononostante il libro mantiene la forza e l’impatto di un thriller, soprattutto grazie all’efficace utilizzo della prima persona e del tempo presente, solo di rado intervallati da una narrazione in terza persona  ambientata in un tempo futuro rispetto a quello del racconto, in cui vediamo un Kemper  ormai anziano che progetta di scrivere una autobiografia tra le pareti di una prigione da cui sa che non uscirà mai. A fare da sfondo alle vicende del protagonista, un’America in transizione, scossa dall’assassinio di Kennedy (perpetrato lo stesso giorno in cui il “Kenner” uccide i nonni), dalla controcultura hippy e dalla guerra in Vietnam e segnata dalla violenza domestica e dalle pericolose falle nel sistema sanitario, carcerario e giudiziario.

A Dugain va dunque il merito di aver fornito un’interessante prospettiva “europea” a una storia prettamente americana; tuttavia – e questo è forse il maggior limite del romanzo –  l’autore si ripiega su un solo punto di vista, quello del protagonista del racconto, e su un’unica, solida convinzione, che costituisce poi la base teorica del libro, secondo la quale l’omicidio non sarebbe che una “difesa perversa”. Questi due aspetti, uniti a un surplus di informazioni – il contrario esatto della famoso “show don’t tell” – intaccano la qualità dell’opera, che resta comunque una lettura piacevole e un’occasione per conoscere gli aspetti più nascosti di una mente eccezionalmente complessa quale fu quella di Ed “Co-ed Killer” Kemper. 


  • Genere: Romanzo
  • Altro: Traduzione di Chiara Manfrinato.

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