Arti Performative

TSI La Fabbrica dell’attore – Il padiglione delle meraviglie

Marcella Santomassimo

Il testo è una prigione, occorre evaderne! L’attore deve saper entrare e uscire dal personaggio, dismettere i panni della finzione e rivelare se stesso”. Ed è questo che accade in scena, al “Padiglione delle meraviglie” (o almeno quello che sarebbe dovuto accadere)

Abbiamo lasciato il Teatro Vascello a maggio salutando una magnifica Saffo (in occasione dello spettacolo Saffo o il volo dell’acrobata) interpretata da Manuela Kustermann (sempre per la regia di Massimo Verdastro) e ci ritorniamo accompagnati da una nostalgica pioggia autunnale, desiderosi di immergerci nel Padiglione delle Meraviglie di Ettore Petrolini. Anche in Piazza Guglielmo Pepe, dove un tempo si esibivano in grandi padiglioni clown, giocolieri, acrobati e saltimbanchi, la pioggia continua a scendere senza sosta e allora come oggi “con li piedi t’annavi in barchetta e li schizzi de fanga t’arivaveno ar barbozzo”. Conosciamo la compagnia che anima uno dei padiglioni: Lalli, il direttore, sua moglie Zenaide, Amalù il selvaggio antropofago, Elvira, la Sirena, Evelina la ballerina, El tigre, campione di lotta libera e Tiberio l’imbonitore che ci fa da cicerone introducendosi in un luogo dove la ragione non ha valore e l’inganno è un gioco. Lavorano nella libera piazza ma non per bisogno, perché di quello ne hanno abbastanza – dicono – ma per necessità di sopravvivere come uomini e come artisti. I padiglioni furono il primo contatto del grande comico con il teatro di strada, una prima formazione per colui che un giorno avrebbe fortemente innovato il repertorio del teatro italiano. Massimo Verdastro ha così voluto riprendere una delle opere più amare di Petrolini ricoprendo il duplice ruolo di attore in scena (nei panni di Tiberio) e regista, e chiamando un poeta come Elio Pecora a riempire quelli che il drammaturgo chiamava “spazi vuoti”, fenditure che si creano nel pubblico, assenze pericolose che devono essere in qualche modo colmate, momenti di cui bisogna approfittare per orientare le persone a tradimento verso idee nuove che le colpiscano e le dominino all’improvviso. “Il testo è una prigione, occorre evaderne! L’attore deve saper entrare e uscire dal personaggio, dismettere i panni della finzione e rivelare se stesso”. Ed è questo che accade in scena, al padiglione delle meraviglie (o almeno quello che sarebbe dovuto accadere): ogni personaggio dominato dalle passioni o schiacciato dalle situazioni sguscia fuori dalla storia. Le luci sono puntate su di lui in un momento di sospensione, slittamento. L’attore è lasciato da parte con le sue riflessioni inattese da condividere con il pubblico non più solo spettatore della vicenda, mero osservatore inosservato ma interlocutore muto, ascoltatore silenzioso. Tra numeri di magia, capriole, lotte, finti selvaggi e false maghe, si consuma l’amore di Tiberio per la Sirena, un tempo la sua donna e ora amante di Tigre. Elvira, delusa e amareggiata dopo aver scoperto che il suo uomo ha già una moglie, chiede a Tiberio di sfidarlo. Questo è l’unico modo per l’imbonitore di riaverla tutta per sé. Il prezzo da pagare sarà però alto. In un mondo dove regnano il gioco e la finzione, la ragione è bandita, i sentimenti sono esasperati, portati fino all’irreparabile. 

Loredana Bertè da voce all’angoscia insita nel cuore della Sirena in seguito alla sua dolorosa scoperta e la voce malinconica e arrendevole di Leonard Cohen di Dance Me to the End of Love congeda i guitti e chiude lo spettacolo. È una scena colorata quella del padiglione delle meraviglie, funzionale certo, ordinata forse troppo, curata ancor di più. Ci si sarebbe aspettato qualcosa di differente per quella Piazza Guglielmo Pepe, così arida e polverosa. L’intento di creare slittamento riesce poi solo per metà: non attecchisce negli spettatori, non coinvolge come avrebbe dovuto. In scena anche Manuela Kustermann nei panni della Sirena. Donna affascinante e matura, sa bene ciò che non vuole più dalla vita: rimanere da sola. Nessuno lo vorrebbe mai. Nemmeno l’indimenticabile Gastone, cui Verdastro dedica un piccolo omaggio.


Dettagli

  • Titolo originale: Il padiglione delle meraviglie

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