Toro Y Moi – Anything in Return
Una personale idea di elettronica
Chazwick Bundick, meglio conosciuto come Toro Y Moi, oltre ad avere un nome difficilmente pronunciabile, si è sempre circondato di nuove compagnie come quell’Ernest Green, divenuto famoso grazie al moniker Washed Out (a lui si deve l’indimenticabile “Within and Without” del 2011). Questi ragazzi prodigio vengono associati a parole come glo-fi, lo- fi, chill-wave, difficili da digerire quando si rivelano sottogeneri dell’elettronica pronti ad assimilare i peggiori orpelli dell’indie. Eppure non tutti riconoscono che una nuova scuola si sta affermando; Toro Y Moi ne fa parte fin dal 2009 quando “Blessa” lo impose all’ attenzione del pubblico. Da allora molti Ep e tre Lp, l’ultimo dei quali “Anything in Return”, rivela ancora una volta un approccio all’elettronica non semplicistico, in grado di guardare oltre e di mettere in risalto la voce dell’artista. Rispetto al precedente “Underneath The Pine” mancano pezzi canovaccio come “Still Sound” ma è proprio in questa assenza che riscontriamo la maggior fonte di interesse di “Anything in Return”. Ogni pezzo differisce dall’altro; “Harm in Change” è il tipico brano da club cool mentre “Say That” guarda al miglior Jamiroquai. Brillano “Cola” e “Cake”, perché, come già accennato, la voce di Toro Y Moi si impone come una delle più belle del panorama. “Day One” infine ci fa fare capolino nel soul-funky con un certo gusto retrò. Non è il lavoro della consacrazione (Jamiroquai si sente davvero tanto) ma è un disco che non fa stancare e rivela che ragazzi prodigio come Toro Y Moi, Washed Out, Gold Panda ci salveranno dalla brutta elettronica in circolazione.