Arti Performative

Teatro del Carretto // Le mille e una notte

Valentina Solinas

Formatasi nel 1983, la compagnia del Teatro del Carretto, residente a Lucca, sarà a Roma, al Teatro Vascello, dal 15 al 26 marzo


 

Non è mai troppo tardi per parlare del Teatro del Carretto, solida compagnia che si è formata nel 1983, residente al Teatro del Giglio di Lucca, e produttrice di un vasto repertorio di successo che ha girato l’Italia e l’Europa, e di recente, gli spettacoli Biancaneve e Pinocchio sono stati portati a La MaMa di New York. Più di un mese e mezzo fa il Teatro Lux di Pisa (di cui ricordiamo con rammarico la tragedia che ha coinvolto il giovane attore Raphael Schumacher) ha ospitato Le mille e una notte, prodotto nel 2014, anche quest’anno in giro per l’Italia, e, dal 15 al 26 marzo, al Teatro Vascello di Roma.

La celebre fiaba orientale è una cornice dentro la quale passano immagini rubate ai testi di letteratura e mitologia classica, mixati con gli eventi di cronaca che da sempre invadono i nostri telegiornali e i programmi televisivi. Il tema di fondo resta lo stesso della fiaba, la solitudine delle donne nel mondo del maschio prevaricatore, pronto a inibire con la forza, l’emancipazione di femmine sempre più indipendenti, capaci di trovare la propria libertà, e di lottare per avere i propri spazi. Indipendenza che a volte si paga con la vita, con visi sfigurati dal fuoco o dalle percosse. Una violenza che ci sembra surreale avvenga ancora oggi, nel 2016.

La regista Maria Grazia Cipriani ha scelto d’indagare, attraverso la sua arte, il senso di essere donna nella storia dell’uomo prevaricatore, e dopo cinque mesi di lavoro sul testo drammaturgico è nato uno spettacolo strutturato sulla ricerca letteraria e storica; collage composto da poemi e miti che nascondono l’obiettivo di stupro mascherandolo con il desiderio e l’amore.

I contenuti letterari utilizzati spaziano da Teseo e Arianna ad Apollo e Dafne di Ovidio, dall’Otello shakespeariano all’Orlando furioso di Ariosto; noti per i messaggi impliciti che si portano dietro, ma come si sa, ci arrivano filtrati dal contesto umanistico (e scolastico) che ne mitiga il significato ambiguo.

La regia di Maria Grazia Cipriani organizza la messa in scena in diversi quadri, dove il montaggio scenico di ognuno prevede l’utilizzo della simultaneità: sequenze di azioni si intrecciano insieme, ricche di ritmo e fisicità. Merita una menzione a parte il bellissimo monologo di Elena Bossi su Apollo e Dafne: il testo di Ovidio si materializza di fronte ai nostri occhi mentre l’attrice enuncia la storia con voce concitata e intensa: interpreta la storia e la disegna con il suo corpo, usando movimenti fluidi, prima lenti e poi nervosi. Il mito immortalato dai più grandi scultori (ad esempio Gian Lorenzo Bernini) prende vita da una sola interprete capace di rendere palpabile la disperazione e la paura di Dafne durante la corsa forsennata, che per lei rappresenta la salvezza dalla passione brutale di Apollo.

Il colore bianco, simbolo di purezza e innocenza, si estende su una scenografia scarna, che è scelta frequente nelle regie del Teatro del Carretto; tre porte, dalle quali entrano ed escono i tre attori – oltre a Elena Bossi, Nicolò Belliti e Giacomo Vezzani – costituiscono il fondale che a metà dello spettacolo si tingerà di rosso sangue. L’incursione degli eventi storici e di cronaca subentra ironicamente, quanto amaramente, in un’asta surreale, durante la quale i due banditori svendono abiti di donne morte, orientali ed europee, trucidate, lapidate e vittime di guerre. I vestiti bianchi vengono sbattuti con violenza sulle porte, lasciando lunghe scie rosse che compongono un’inquietante forma astratta, evidenziata vivamente dal contrasto tra la tinta accesa e il colore neutro.

L’ uso di piccole dosi di comicità spezzano la tensione che potrebbe generare la drammaticità del tema, così la messa in scena perde un po’ dell’austerità connaturata ai contenuti di cronaca.

La linea del sogno e della fiaba resta il linguaggio universale per portare il messaggio di libertà e di vita ai giovanissimi come agli adulti. Ed è con lieto fine fiabesco che si conclude Le mille e una notte: il bacio finale di Shahrazàd e Shahryar rappresenta un inno all’amore, il sentimento del bene assopisce il rancore dell’uomo e uccide la violenza.

Fotografia di Guido Mencari | www.gmencari.com


Dettagli

  • Titolo originale: Le mille e una notte

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