Arti Performative

Tagliarini/Deflorian – Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

Renata Savo

Dalla rassegna romana “Perdutamente”, il lavoro di Antonio Tagliarini e Daria Deflorian, insieme a Monica Piseddu.

Un palcoscenico vuoto. Tre attori. La voglia di mettere su uno spettacolo. L’argomento riguarda la crisi economica che ha colpito la Grecia e il destino di milioni di persone. Come fare? Antonio Tagliarini e Daria Deflorian, con la collaborazione di Monica Piseddu, scelgono di rappresentare la crisi in maniera edulcorata, filtrandola attraverso il lavoro di tre attori alle prese con la difficoltà di raccontarla.

Protagoniste elevate a paradigma di questa Storia (con la S maiuscola) sono quattro vecchiette greche – “sole, senza figli, senza un cane” – che, non potendo più affrontare la vita con una pensione dimezzata e i debiti da pagare, decidono di farla finita.

Il tema della crisi, però, è duplice: inerente al contesto storico, ma anche al suo fragile involucro, il teatro, lo spazio fisico e mentale in cui il dramma prende forma. La crisi, infatti, ha negato la possibilità di allestire materialmente lo spettacolo e ha lasciato gli attori al confine con l’impossibilità di rappresentarlo. Niente scenografia, quindi, né effetti sonori, ma solo il corpo dei tre attori, l’unica verità innegabile che nemmeno la crisi può eliminare. Anche qui, quindi, come nei lavori precedenti di Antonio Tagliarini e Daria Deflorian, il linguaggio è quello della decostruzione, della sottrazione; come quegli attori, spiega Daria in scena, che rifiutando le condizioni in cui sono costretti a lavorare trovano il modo di dire “No”, negano lo spettacolo e, negandolo, lo rappresentano.   

Senza null’altro in scena, a parte qualche sedia, al corpo e alla gestualità è affidato un compito molto importante: per quanto gli attori-personaggi si sforzino di non essere personaggi affermando di negare la rappresentazione, la loro verità scenica, impressa nella memoria del corpo, non può fare a meno di risalire in superficie attraverso il gesto nevrotico, l’eccesso di energia. E’ nell’uso di questo intelligente gioco tra realtà scenica e finzione teatrale che risiede la forza di Ce ne andiamo senza darvi troppo preoccupazioni, nella costruzione progressiva di una teatralità che si serve del minimo indispensabile, del “nulla”, quasi. La crisi d’ispirazione ispira gli attori-personaggi che, attraverso la messinscena della prova dello spettacolo, indagano sulla messinscena stessa. Si esprime qui un gioco complesso di paradossi, che dall’interno del testo confluiscono poi nel gesto, nella resa scenica di un suicidio inteso allo stesso tempo come azione “politica e non politica”, nell’espressione della morte come “ultimo istante di vita pieno di vita”, nella rappresentazione di una realtà “più nera del nero”: una realtà talmente intricata e paradossale da inghiottire persino il corpo, quell’ultimo frammento scenico superstite, incontrovertibile. 


Dettagli

  • Titolo originale: Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

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