Cinema Festival

Small Axe: Mangrove

Stefano Valva

Mangrove è il titolo del secondo episodio (presentato ieri a Roma) della serie antologica Small Axe di Steve McQueen, il quale sarà invece il primo a debuttare dei cinque in televisione (ossia il 15 novembre).

Rispetto a Red, White, and Blue, stavolta ci troviamo – soltanto nell’incipit – alla fine degli Anni ’60, non in uno qualunque del decennio, perché il 1968 è stato presumibilmente il più caotico e intenso dal secondo dopoguerra.

L’imminente arrivo dell’uomo sulla Luna, i movimenti studenteschi di protesta dei cosiddetti “sessantottini” in simultanea in tutto il mondo, la morte del leader dei diritti civili per gli afroamericani Martin Luther King, che fu un duro colpo per la comunità nera, seppur creò allo stesso tempo una frustrazione “positiva” così forte da rendere la battaglia anti-discriminatoria prioritaria e accesa.

Quest’ultimo avvenimento si collega alla storia microcosmica di Mangrove, anche se non ci troviamo in USA, bensì in un quartiere di Londra, ossia Notting Hill (che i cinefili conoscono anche grazie all’omonima pellicola romantica con Julia Roberts e Hugh Grant), ove un imprenditore di nome Frank gestisce un ristorante chiamato appunto Mangrove, il quale diviene anche una sorta di punto di ritrovo, un circolo per la comunità nera del quartiere, e anche per la cellula londinese delle black panthers.

L’episodio è costruito su di un trittico che poi si intreccia per unire il plot: Frank è come anticipato un gestore di locali, che prova con il Mangrove a crearsi un’attività del tutto improntata sulla legalità, anche se ciò non riesce a togliergli di dosso la persecuzione ossessiva e razziale della polizia metropolitana. Altheia è una giovane donna, rappresentante delle black panthers londinesi, pronta a organizzare qualsiasi forma di protesta per i diritti dei neri. Darcus è un ragazzo che ha studiato legge, che ha appena avuto un figlio, ed è anch’esso sensibile alla causa della comunità di colore.

I tre protagonisti verranno accomunati da un processo, a causa di una manifestazione tenutasi nell’agosto del 1970 (si comprende il balzo temporale solo nella seconda parte, ossia quando ci ritroveremo in tribunale), per il quale saranno accusati di insurrezione e violenza pubblica dalla polizia. Costoro diverranno i nove di Mangrove, famosi in Inghilterra come lo furono negli States i sette di Chicago (storia nell’ultima opera scritta e diretta da Aaron Sorkin, disponibile da poco su Netflix).

McQueen scrive e dirige un episodio che diviene un vero e proprio film (non solo per la durata, 125 minuti), perché intraprende un percorso narrativo evolutivo e dettagliato, con personaggi di colore – così come il protagonista dell’episodio Red, White, and Blue – determinati, forti, vogliosi di lottare per i propri diritti, e che non sottostanno più  all’odio insensato della borghesia bianca.

Quello che colpisce di tali personaggi è il loro spirito di comunità, la loro indissolubile unione nell’affrontare qualsiasi problematica, anche quella che possa riguardare uno soltanto di loro. Un senso di società e civiltà, ben più progressivo dell’isolazionismo della comunità bianca, che appare divisa e regressiva.

Il regista britannico, da conoscitore del contesto territoriale, fa entrare con la macchina da presa lo spettatore nei luoghi e nelle relazioni umane di uno dei quartieri londinesi più suggestivi, famoso oggi principalmente per i negozi e i mercati, come il vicino Covent Garden. Seppur tecnicamente abbia una direzione per lo più accademica – rispetto all’episodio analizzato nello scorso articolo – alcune scene sono esteticamente di livello: la scelta delle inquadrature durante e alla fine del processo per il verdetto; le frenetiche dissolvenze incrociate che spaccano in due il film, dividendo la prima parte caratterizzata dalla guerra di strada, e la seconda da quella verbale, in tribunale; campi medi durante le feste della comunità, con sequenze cosparse di gioia e di etica dello stare insieme, ove traspare l’innata positività di gruppi etnici (per la maggior parte, originari del Trinidad and Tobago), che non si fanno demoralizzare dagli eventi di per sé disarmanti.

Mangrove è un film immersivo ed emozionante, non solo per il significato che si porta alle spalle, o per un periodo storico in tout court celebre del ‘900, ma anche per come si insedia in un evento poco conosciuto di quell’anno, e per come i personaggi riescano ad entrare in empatia con lo spettatore, attraverso le loro storie, le loro paure, le loro speranze, e la dannata prerogativa – quasi come se fossero dei missionari – di rendere il mondo un posto migliore, per se stessi e per le future generazioni. Essi sono degli estremi altruisti, perché solo gli altruisti possono compiere le imprese più grandiose – quindi il far progredire i processi culturali – perché sono convinti del fatto (seguendo in parte una frase topica di una sequenza) che le culture mutano per azioni predeterminate dall’esterno, non per ipotetici e/o utopici cambiamenti interni ai contesti.


  • Diretto da: Steve McQueen
  • Prodotto da: Steve McQueen, Tracey Scoffield, David Tanner, Lucy Richer
  • Scritto da: Steve McQueen, Alastair Siddons
  • Protagonisti: Letitia Wright, Shaun Parkes, Malachi Kirby, Rochenda Sandall, Alex Jennings, Jack Lowden, Sam Spruell, Gershwyn Eustache Jr, Gary Beadle, Llewella Gideon, Nathaniel Martello-White, Richie Campbell, Jumayn Hunter
  • Musiche di: Mica Levi
  • Fotografia di: Shabier Kirchner
  • Montato da: Chris Dickens
  • Distribuito da: Amazon Studios
  • Casa di Produzione: EMU Films, Turbine Studios, BBC Studios, Amazon Studios
  • Data di uscita: 25/09/2020 (New York), 15/11/2020 (Amazon)
  • Durata: 126 minuti
  • Paese: Stati Uniti, Regno Unito
  • Lingua: Inglese

Una selezione delle notizie, delle recensioni, degli eventi da scenecontemporanee, direttamente sulla tua email. Iscriviti alla newsletter.

Autorizzo il trattamento dei dati personali Iscriviti