Arti Performative

Leviedelfool // Made In China/postcards from Van Gogh

Valentina Solinas

Made In China/postcards from Van Gogh, l’ultimo spettacolo della compagnia Leviedelfool riflette sull’esternazione continua di se stessi attraverso i social network, la mercificazione della propria immagine, “cartolina” dei tempi moderni.


 

«Le statistiche mostrano che le prime allucinazioni sono provocate dalla solitudine».

Difficilmente si è geniali e in compagnia; più spesso l’intuizione e l’innovazione sono accompagnate dall’incomprensione e dall’isolamento. A questo proposito mi viene in mente una frase di Carmelo Bene al seminario alla Sapienza di Roma, nel 1984: «Il poeta non può essere in salute, il poeta deve stare male».

Se ci guardiamo indietro possiamo contare infiniti artisti, poeti e letterati oppressi dal peso della loro creatività, spesso la loro passione va a discapito della loro vita sociale; dal campo della letteratura, alla poesia, al teatro e alla pittura, un numero cospicuo di artisti è stato emarginato dalla propria società e ha subito l’esperienza manicomiale.

Oggi la realtà digitale edulcora la sensazione della solitudine con l’illusione del villaggio in rete, forse oggi è difficile toccare l’estremo dell’isolamento, perché esiste la convinzione che in rete si trovi sempre qualcuno che condivide un’emozione, o un momento della propria vita immortalato da una foto; per questo l’idea di uno spazio in rete diventa una sorta di proscenio illuminato dalle luci di ribalta, dove chiunque può essere il primo attore.

Made In China/postcards from Van Gogh, l’ultimo spettacolo della compagnia Leviedelfool riflette sulla perdita dell’esclusività del proprio stato emotivo, sull’esternazione continua di se stessi attraverso i social network, la mercificazione della propria immagine, con la conseguenza di un annullamento della privacy. Made in China racconta soprattutto la solitudine interiore di Vincent Van Gogh, un sentimento da cui il pittore olandese ha tentato di fuggire per tutta la vita, esternandola attraverso le sue lettere, e ancora di più condividendola attraverso le proprie opere. La paura claustrofobica della solitudine si è trasformata in un bisogno continuo di documentare la propria esistenza e raccontare attraverso l’arte la sua percezione dell’angoscia e del vuoto. Una documentazione-testimonianza dell’esistere, un urlo del dolore provato dalla’artista e lasciato al mondo; ben diverso dalla condivisione in rete. Lo spettacolo della compagnia romana aggiunge il tema della riproducibilità dell’opera d’arte nell’era dell’industria tecnologica: attraverso il marchio “made in China”, l’operaio cinese diventa l’artista capace di rendere il pezzo unico della grande opera, un oggetto alla portata di tutti.

Lo spettacolo oscilla, così, dal comico al tragico, alternando i tre parallelismi sul senso dell’immagine nell’attualità, la svalutazione dell’unicità dell’opera – per la sua riproducibilità in successione – e la sofferenza di Van Gogh.

Un’occasione per riflettere sul poco spazio che da sempre la società lascia alla sofferenza e alla diversità. Oggi in mezzo a tanti elogi elargiti alle sue opere, le tele dell’artista sono cartoline, postcards che testimoniano la sofferenza, e la malattia, di un essere fragile in cerca di se stesso e degli altri.

Il montaggio scenico di Made In China/postcards from Van Gogh è composto soprattutto da pezzi dedicati alla personalità fragile di Van Gogh, rievocando le sue opere più discusse, usando principalmente solo due oggetti di scena, una sedia di legno e un ombrello giallo che assume la doppia valenza di articolo cinese e di girasole, il fiore più rappresentativo dell’artista olandese. Le straordinarie capacità interpretative di Simone Perinelli e Claudia Marsicano guidano lo spettatore attraverso comiche immagini dell’operaio cinese creativo del tempo, più dell’artista con l’arte, e basta il cambio scena perché Perinelli assuma le vesti di un Van Gogh delirante, internato al manicomio di Saint Paul De Manson.

Lo spettacolo oscilla, così, dal comico al tragico, alternando i tre parallelismi sul senso dell’immagine nell’attualità, la svalutazione dell’unicità dell’opera – per la sua riproducibilità in successione – e la sofferenza di Van Gogh.

Un’occasione per riflettere sul poco spazio che da sempre la società lascia alla sofferenza e alla diversità. Oggi in mezzo a tanti elogi elargiti alle sue opere, le tele dell’artista sono cartoline, postcards che testimoniano la sofferenza, e la malattia, di un essere fragile in cerca di se stesso e degli altri.


Dettagli

  • Titolo originale: Made In China/postcards from Van Gogh

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