Cinema

Scene da un matrimonio

Valentina Esposito

Alla Bergman Collection della BIM si aggiunge l’analisi del matrimonio del regista svedese in formato mini-serie televisiva in sei episodi con Liv Ullmann e Erland Josephson 

Si arricchisce di un altro capolavoro la Bergman Collection distribuita dalla BIM e realizzata con il contributo della Cineteca di Bologna: la miniserie in sei episodi Scene da un matrimonio, al cui interno due contenuti speciali, un viaggio sul set del film e un ebook storico-critico di approfondimento. Restaurato e rimasterizzato il film che portò Ingmar Bergman a consolidare il suo successo in giro per il mondo, rintracciando le amarezze e le gioie del matrimonio, che mette a dura prova due mondi: quello della donna e quello dell’uomo, decisi per amore a tentare di trascorrere una vita insieme.

Scene da un matrimonio nasce come sceneggiato televisivo, e infatti nell’osservarlo non si riesce a fare a meno di vivere l’effetto “alla prossima puntata”, una suspense che per fortuna dura il tempo del titolo nel susseguirsi dei 6 episodi che raccontano la vita di Marianne e Johan. Innocenza e Panico, L’arte di nascondere lo sporco sotto il tappeto, Paola, Valle di lacrime, Gli analfabeti, Nel pieno della notte in una casa buia in qualche parte del mondo sono atti/scene che si trasformano in una fenomenologia dell’amore in relazione ai compromessi e alle difficoltà che scatena la vita coniugale. Come in ogni capolavoro di Bergman si possono rintracciare le sue sfumature personali: più che il pessimismo c’è un’amara consapevolezza, un crudo realismo che però si sforza sempre di offrire un inaspettato ristoro trascendentale o una pausa nel tentativo di ricominciare. Poi c’è il matrimonio che si stava lasciando alle spalle (quello proprio con Liv Ullmann, co-protagonista dell’opera) e c’è la voglia di prendersi cura di due anime per rintracciare i motivi e i moventi di come due innamorati si ritrovano ad avere tutto e nulla, nonostante il desiderio di costruirsi un posto felice nel mondo.

Interpretati spettacolarmente dalla suddetta Liv Ullmann ed Erland Josephson, Marianne e Johan appaiono come la coppia perfetta, coniugi complici e genitori amorevoli di due bambine: almeno così vogliono far credere sin dall’inizio quando all’aprirsi della prima scena raccontano dell’equilibrio e dell’armonia del loro matrimonio. In una sola scena capiamo perfettamente anche le due personalità: lui, nel costante sforzo di mostrarsi sfacciato e sicuro di sé per contrapporsi a quell’accondiscendenza, alle volte inopportuna e fastidiosa di lei, fuori posto e insicura che per non esplodere recita la parte della perfetta moglie e madre borghese. Per ironia della sorte, i loro migliori amici Peter e Katarina (interpretata da una Bibi Andersson passata dalla spensieratezza dell’amore ne Il Settimo Sigillo, è una moglie sull’orlo di una crisi di nervi) sono agli sgoccioli, e litigano durante una cena a casa dei due protagonisti, in un crescendo di rabbia spettacolare e velenoso. Impossibile non ritrovare anche quel gusto teatrale tutto bergmaniano che avvolge le mura della casa di Marianne e Johan, e che ci ricorda quanto il palcoscenico e le sue emozioni incisive e dirette, abbiano inciso sulla cinematografia del maestro.

Ma l’armonia sta per rompersi anche per loro: Johan ha un’amante che consola le sue insoddisfazioni derivate da una relazione affettivamente e sessualmente morta con Marianne, e così decide di iniziare una nuova vita e lasciarsi alle spalle moglie e figli. Nel tentativo di firmare le carte del divorzio, inizia una sfida d’odio e amore: dialogano, litigano e cedono alle loro passioni nel tentativo di mettere fine alla loro storia, firmando la carte del divorzio. Un fattore che emerge inevitabilmente dalla visione del film è sicuramente la lentezza, ma non è un difetto perché si fa necessaria per comprendere l’evoluzione del rapporto e anche dei personaggi: Bergman concede loro il tempo di cadere, rialzarsi, illudersi e ritrovarsi, quasi come se da spettatore lontano li mettesse alla prova. Coglie i loro sguardi, le loro espressioni, i loro deliri e le loro emozioni che si trasformano in fotografie di personalità che alla fine del film riusciamo chiaramente a comporre. Non ci sono buchi neri o vuoti: sono loro, Marianne e Johan, che senza concedersi a noiosi e artificiosi monologhi, ma abbandonandosi a intense e breve confessioni, si raccontano. E allora da due anime come loro, tutto il loro ipocrita contesto sociale appare immediatamente dipinto: le convenzioni borghesi, le scuole che insegnano il superfluo dimenticandosi della vita e dell’affettività, i genitori incapaci di amare che rendono i figli analfabeti sentimentali  e i doveri che uccidono i piaceri sono le sbarre di una prigione da cui cercano disperatamente di uscire, per vivere l’amore nella sua naturalezza, nel suo essere uno spiraglio limpido ed eterno.

“Tutte le relazioni sono complicate e la loro vita è innegabilmente basata su un mucchio di meschini compromessi”, dice Bergman, che con questa premessa realizza le sue Scene da un matrimonio, dando l’ultimo appuntamento a Sarabanda, dove affezionato e ossessionato dai suoi protagonisti concede loro un’altra occasione e a sé stesso, l’ultima regia.


Dettagli

  • Titolo originale: Scener ur ett äktenskap
  • Regia: Ingmar Bergman
  • Fotografia: Sven Nykvist
  • Musiche: /
  • Cast: Liv Ullmann, Erland Josephson
  • Sceneggiatura: Ingmar Bergman

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