Arti Performative

Rachid Ouramdane – Sfumato

Renata Savo

Dal Romaeuropa festival, il lavoro coreografo francese Rachid Ouramdane, sull’impatto dei cambiamenti climatici sul pianeta.

Anche quest’anno al Romaeuropa festival la danza torna a far parlare di ambiente, clima e disastri ecologici. Se nella scorsa edizione l’imponente opera del coreografo samoano Lemi Ponifasio, Birds With Skymirrors, attribuiva alla danza un valore profondo, quello della purezza di una tradizione da salvaguardare – spostando il significato sul piano della tutela del nostro pianeta, colpito nel 2010 dal disastro del Golfo del Messico – stavolta è il coreografo francese, di origini algerine, Rachid Ouramdane a portare nella capitale un lavoro sugli effetti dei cambiamenti climatici sul pianeta. Sfumato.

Nel buio più totale una voce in inglese introduce una sorta di scenario post-apocalittico. La voce fa rimbalzare lo sguardo dello spettatore da un capo all’altro del mondo, dove ghiacciai si sciolgono, i fiumi straripano, i campi sono deserti e le popolazioni sono piegate dalla carestia. Il ritmo della voce accelera come se ruotasse intorno a un perno, diventa materia, suono che sfugge e allo stesso tempo incatena all’ascolto, prefigurando le sensazioni dei quadri successivi. Le luci in scena si accendono: un pianoforte a destra della scena, a terra un uomo e una donna di spalle, lei sdraiata sul lato, lui seduto. Immediatamente dietro quei corpi, fumi bianchi si sollevano e invadono l’atmosfera. Con calma, lentezza, si espandono tra il pubblico, mentre lo spettatore è lasciato alla contemplazione estatica, per un tempo forse troppo lungo (o forse no). Corpi andati a fuoco che giacciono a terra sull’ascolto di una nota ribattuta da un pianista assente; l’assenza, l’inerzia sembrano protagoniste di questi primi lunghi minuti.

Entra una danzatrice, accompagnata dalla voce di una donna che trascorre le notti in bianco per il caldo asfissiante, consapevole che una di quelle volte potrebbe capitarle di alzarsi di colpo per l’arrivo di un uragano: la figura dal corpo femminile che ruota velocissima su se stessa, che agita le braccia seguendo il flusso del rombo di un tuono, i cui occhi non mirano, devastano ogni cosa, e seguono indifferentemente quel moto circolare del corpo mantenendo sempre un’impeccabile (seppur densa di “peccato”, di violenza) precisione; una vera forza della natura, quest’uragano-donna (è risaputo che agli uragani sono stati assegnati quasi sempre nomi femminili). A lei segue una lunga pioggia torrenziale, sotto la quale prende vita una danza fatta di tremolii e contorsioni, sulla melodia circolare del piano, stavolta suonato dal vivo.

Due occhi anonimi in video, testimonianze reali di questo cammino infausto verso la fine, si alternano alle scene liriche in cui prevalgono linee spezzate, corpi che rotolano spostando masse d’acqua, o che si lasciano cadere inerti come per rappresentare le leggi meccaniche, spietate, della natura. Interessante e inaspettato il canto de-contestualizzato di un “Gene Kelly” affaticato, che vorrebbe cantare sotto la pioggia, ma che ha perduto la sua grazia sotto il suono pesante delle sue scarpe.

Quello idealmente rappresentato da Ouramdane è un mondo verso il quale ci stiamo inesorabilmente dirigendo. Dove l’uomo dovrà fare i conti con il passato, cioè il nostro presente, che entra in qualche modo nella performance con i ritmi martellanti, gli individui indifferenti; il mondo che va avanti mentre i ghiacciai si sciolgono e terremoti, gigantesche onde marine già hanno travolto intere popolazioni. Di fronte a quest’universo sconcertante, la sensazione è che in Sfumato manchi qualcosa: quella verità più profonda nel metodo, il desiderio di andare al di là di ciò che sterilmente già si conosce e che costituisce il maggiore interesse di altri importanti lavori del coreografo, come Les morts pudiques.

In Sfumato lo spettatore è messo a suo agio, Ouramdane dovrebbe scuoterlo, e invece lo incanta, lo ipnotizza. La domanda che sorge spontanea è se anche questo sia un metodo efficace per esporre l’urgenza di un tema ancora troppo sottovalutato.


Dettagli

  • Titolo originale: Sfumato

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