Libri

Più libri Più liberi. L’era digitale dell’editoria

Roberta Iadevaia

Come stanno cambiando le riviste, la scrittura e l’editoria nell’era digitale: se n’è parlato durante una serie di incontri a “Più libri Più Liberi”

In questi due primi giorni della Fiera della piccola e media editoria di Roma si è parlato molto di editoria digitale, in particolare delle trasformazioni delle riviste, degli esempi di “riscrittura” e crossmedialità e dell’importanza, oggi più che mai, dell’editoria d’avanguardia.

Una prima nota positiva riguarda sicuramente i toni dei dibattiti, lontani da certi allarmismi degli anni passati: si sta iniziando a comprendere che la fase di transizione in cui ci troviamo non va osteggiata, ma compresa e considerata come fonte di nuove opportunità sia per gli editori sia per i lettori sia per gli stessi autori. Queste figure devono però ripensare il proprio ruolo alla luce delle dinamiche della rete che – ormai appare chiaro – non possono più essere ignorate.

Se è impossibile dire quale sia la strada giusta da seguire – sia perché sarebbe prematuro sia perché con tutta probabilità (e per fortuna) non ci sarà una sola strada – si può almeno prendere nota delle strade da evitare.

Nel caso delle riviste, ad esempio, sono errori da non commettere vendere contenuti a prezzo eccessivo o restare ancorati a concetti di periodicità che in rete non funzionano né hanno ragione di esistere, o ancora puntare sull’autorevolezza della testata – come dichiara il caporedattore di Reset Alessandro Lanni; avvalersi di strumenti che preservino e gestiscano la complessità e la diversità dei contenuti – come ricorda Gino Roncaglia – e soprattutto badare ai requisiti essenziali di accessibilità e navigabilità, corredare sempre i contenuti di abstract e keyword in inglese, come sottolineano Valerio Spini e Luigi Passerino.

Lungi dallo scomparire, l’editore è oggi quanto mai necessario soprattutto per filtrare il mare magnum dei social network, strumenti sempre più privilegiati sia per il reperimento di informazioni sia per le sperimentazioni narrative. Da Scatola nera di Jennifer Egan (di cui abbiamo già parlato qui) alla riscrittura dei classici della letteratura come La luna e i falò, i cui 32 capitoli sono stati condensati in altrettanti tweet sull’account della Fondazione Cesare Pavese, o le Fiabe di Calvino, trasmesse, con tanto di sigla, ogni mattina da Marco Belpoliti sull’account di Doppiozero, passando per Storify, Instagram e Pinterest, risulta evidente la natura ibrida e crossmediale delle nuove forme di scrittura e l’aumento delle opere “partecipative” (tra le quali citiamo anche, con Bertram Niessen, esperimenti quali “Gran Turistas”, atlante interattivo dell’architettura italiana non mainstream e “Io sono qui”, la trasmissione radiofonica di Tiziano Bonini).

Non è un caso dunque che Antonio Saccoccio, responsabile di “Avanguardia21 Edizioni”, abbia  scelto per l’incontro di oggi una frase di Raoul Vaneigam: “il mondo è da rifare”. Le nuove tecnologie possono essere una causa di questo rifacimento ma, allo stesso tempo, uno strumento dalla portata finora impensabile. Spetterà solo a noi e alla nostra fame di libertà stabilire in che misura esse potranno rappresentare il male o la cura.



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