Cultura & Sviluppo

Per un cavillo l’Atleta di Fano resta negli USA

Gabriella Bologna

In Italia si sa, le cause giudiziarie possono durare anni, soprattutto se a contendersi un’opera d’arte di valore inestimabile attribuita al grande artista greco Lisippo sono il Governo Italiano e il Getty Museum di Malibù.

Non stupisce quindi che a otto anni dalla richiesta di confisca della scultura dell’Atleta vittorioso al potente museo americano, la Corte di Cassazione abbia appena annullato per un cavillo la sentenza di confisca stabilita dalla giustizia italiana e restituito il caso al Gip di Pesaro. Il motivo? La sentenza doveva essere formulata pubblicamente e non a porte chiuse come invece è avvenuto.

Una battuta d’arresto che fa gongolare il Getty (probabilmente incredulo di quanto la giustizia italiana possa essere inefficiente) e delude chi da anni cerca di avere indietro l’opera, in primo luogo l’associazione marchigiana Cento città, che per prima aveva chiesto alla procura di Pesaro istanza di confisca. 

Il bronzo, recuperato fortuitamente da un peschereccio nelle acque di Fano nel 1964, era stato trafugato illegalmente e poi acquistato dal museo di Los Angeles negli anni Settanta senza licenza di esportazione, per 3,9 milioni di dollari. I passaggi intermedi tra il ritrovamento e l’arrivo nel museo sono in parte avvolti nel mistero (gli intermediari che la fecero uscire dall’Italia furono più volte processati e rilasciati e poi si parla di un passaggio in Svizzera e in Brasile), è certo però che in questo lasso di tempo l’opera veniva ripulita e restaurata, e offerta al Getty ben prima della data dell’acquisto. Sembra infatti che fosse stata proposta sia al Metropolitan Museum sia a Paul Getty, ma entrambi avevano rifiutato probabilmente a causa dei sospetti di provenienza illecita. Il Getty Museum l’aveva infine acquistata dopo la morte del suo fondatore.

 

Il vizio procedurale non pone quindi fine alla lunga vicenda giudiziaria dell’atleta di Fano (a cui l’Italia ha perfino dedicato un francobollo) ma ne allunga i tempi. Il museo americano che negli scorsi anni ha dovuto restituire un altro capolavoro come la Venere di Morgantina difficilmente mollerà la presa. Non resta che avere fiducia nella giustizia italiana.

 



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