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Nuove tracce di teatro ragazzi ‘In Viva Voce’, dal sociale ai social: intervista a Emanuela Rea

Renata Savo

Manca meno di una settimana alla scadenza di un bando che apre a nuove possibilità di sguardo e dedicato al nuovo pubblico, i ragazzi, rivolgendosi a compagnie del territorio della regione Lazio che stanno lavorando ad una nuova produzione, non finanziate dal FUS, con l’obiettivo di attivare un meccanismo di dialogo e confronto attraverso i social network tra artisti e pubblico. Si chiama In Viva Voce – nuove tracce di teatro ragazzi (il bando è aperto fino al 4 luglio 2020), ed è un progetto a cura di Emanuela Rea, responsabile programmazione Teatro per l’infanzia per ATCL Circuito Multidisciplinare del Lazio finanziato dal Mibact e dalla Regione Lazio. Al centro, quelle compagnie che hanno come priorità l’elaborazione di percorsi artistici originali pensati appositamente per fasce d’età, ognuna con esigenze tematiche, poetiche e linguistiche ben precise e con un immaginario in continua evoluzione.
Secondo la linea da sempre tracciata nel Circuito guidato dall’amministratore delegato Luca Fornari e diretto da Alessandro Berdini, la possibilità di sperimentare con i linguaggi dell’arte è l’attitudine per meglio accompagnare i giovani spettatori nell’incontro con il teatro facendo di ogni esperienza un percorso di crescita personale e di scoperta dello stupore della visione. Un progetto che pensa in grande, e lo fa tessendo una molteplicità di relazioni, su più livelli, per esempio, avvalendosi della partnership di ATER FONDAZIONE – Circuito Regionale Multidisciplinare dell’Emilia-Romagna, ERT Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia e Casa dello Spettatore: proprio da qui siamo partiti nel nostro dialogo con la curatrice Emanuela Rea.

Parliamo innanzitutto dei vari livelli di relazione innescati da questo progetto, che non sono pochi, e non sono affatto scontati in un periodo di “distanziamento” e “isolamento” (anche culturale) come questo. Quante forme di dialogo sono state e saranno attivate e qual è la finalità di ciascuna?

In senso ampio, In Viva Voce vuole creare una rete non solo virtuale, ma operativa per andare ad incidere nella fase progettuale di una creazione artistica, by-passando la lontananza fisica attraverso l’uso della tecnologia. Per fare questo ho delineato come degli step di relazione, che potessero innescare degli scambi e un pensiero comunque rispettoso di una fase delicata della costruzione di uno spettacolo. Quindi, la relazione tra giuria e compagnie, che diventa pubblica attraverso lo streaming su Facebook, vorrebbe essere anche una riflessione e un confronto con operatori del settore sul ‘dove’ e ‘come’ si muove il teatro ragazzi. Inoltre, l’aver circoscritto il bando alle compagnie del Lazio, permette non solo di far emergere realtà del territorio e quindi creare una mappatura, ma dare loro la possibilità di presentarsi in una vetrina molto più ampia. Per questo ringrazio già da ora la giuria di In Viva Voce: Mario Bianchi, direttore di EOLO | Rivista online di Teatro Ragazzi, Cira Santoro per ATER FONDAZIONE – Circuito Regionale Multidisciplinare dell’Emilia-Romagna; Silvia Colle per ERT Ente Regionale Teatrale del Friuli Venezia Giulia; Tonio De Nitto, regista di Factory Compagnia. A questi partner ho affiancato il lavoro di Casa dello Spettatore, che coordinerà un gruppo di genitori e insegnanti che seguirà le fasi di selezione, in maniera da ampliare la discussione con lo sguardo di chi è vicino al mondo dell’infanzia ma non direttamente al mondo artistico. Tutto questo sarà condiviso e naturalmente i social potranno amplificare i piani e crearne di nuovi perché chiunque potrà commentare e portare il suo contributo. Spero che chi seguirà sui social le fasi di selezione si appassioni ai progetti, fino ad arrivare a sostenerli attraverso campagne di crowdfunding. Tutti possono fare la differenza in questo momento e tutti posso decidere di essere mecenati della fase finale dei progetti. Il “sociale” di cui parliamo è spinto fino a creare una comunità, soprattutto culturale, che vorrebbe superare la stessa piattaforma per ritrovarsi poi nell’evento teatrale. Penso che svelare il seme alla base di un pensiero artistico condividendolo in una discussione è un atto di generosità e una possibilità unica per chiunque sia interessato al teatro e al mondo dell’infanzia.  

In Viva Voce è un progetto necessario in questo momento: il teatro ragazzi sembra essere il filone più emarginato, dimenticato, in questa fase dell’emergenza Covid-19, reggendosi in gran parte sulla programmazione all’interno delle scuole, che come bene sappiamo sono rimaste chiuse e lo saranno, come di norma, almeno per tutta l’estate. In tempi “normali” quello del teatro ragazzi è un mercato abbastanza forte: c’è molta domanda, e proprio per questo gli artisti che si cimentano con questo filone sanno di avere a che fare con delle “regole” estetiche delicate. Ce ne puoi parlare?

Nel periodo di lockdown i bambini sono stati privati soprattutto della socialità e mi è sembrato un imperativo quello di sollecitare nuove creazioni che a loro fossero rivolte. La possibilità di utilizzare piattaforme social in questo bando potrebbe essere anche un modo diverso per avvicinarsi al loro mondo, pensando ovviamente alle fasce di età più grandi. Vedremo come andrà in questo senso la prima edizione. Comunque consapevole delle difficoltà del settore, ATCL proporrà diversi spettacoli per ragazzi già questa estate sostenendo le progettualità di alcuni Comuni soci in un ipotetico festival che attraverserà la regione. Come hai evidenziato il teatro ragazzi si muove su un equilibrio delicato, che si modifica continuamente. Da un lato per gli artisti la necessità di gettare le basi per la lettura di codici estetici superando consuetudini datate ma ricercando sempre un dialogo che non spinga troppo oltre il rapporto con i bambini, dall’altra la capacità di vivere la fruizione artistica che varia a seconda dell’età, dell’apporto della scuola, di una consuetudine famigliare di approcciare linguaggi artistici. Si può pensare ad un’evoluzione del teatro ragazzi avendo ben presente l’evoluzione più generale della comunicazione, sia a livello tematico che stilistico, ma ponendosi sempre in ascolto del “piccolo” pubblico. Il rischio è altissimo ed è lo scollamento tra chi fa e chi fruisce, andando a compromettere quello stupore che dovrebbe accompagnare sempre l’evento artistico.

Emanuela Rea, responsabile programmazione Teatro per l’infanzia per ATCL

Dal tuo punto di vista esperto, “microscopico”, di operatrice culturale, invece, quali sono i problemi di questo settore, quelli cioè che non si vedono “a occhio nudo”?

Penso che un problema del settore possa essere proprio quello di rimanere in una sorta di limbo creativo, nell’incertezza su come costruire linguaggi nuovi che tengano conto però di un pubblico che ancora non ha confidenza con l’esperienza del teatro. La capacità di affinare contenuti, approfondire tematiche, creare estetiche complesse deve fare i conti con le fasce d’età e se necessario, deve avere il coraggio di fare passi indietro o meglio diversi per non perdere il rapporto con i bambini. Certo sta poi a noi operatori costruire dei percorsi di visione che accompagnino i ragazzi in un’evoluzione di sguardo e consapevolezza di contenuti. Come sottolineavi prima, il settore si muove in dinamiche di mercato molto forti ma ancora viene considerato un teatro “facile” e “secondario” quando invece ha una funzione sociale, direi politica, molto importante. Molto ancora si può giocare in ambito scolastico, nella interrelazione con i programmi scolastici, e ancora poco si sono sviluppate le possibilità dell’alternanza scuola-lavoro. Se il teatro in genere viene ancora considerato come possibilità di svago, si è miopi rispetto alle possibilità educative e sociali che questo può mettere in atto. C’è ancora l’equivalenza tra noia e formazione, per cui tutto ciò che ha contenuti è irreparabilmente accostato alla pesantezza. E questo non solo nel teatro ragazzi.

Il progetto si sposa bene con le necessità di questa fase, passando attraverso l’utilizzo di Facebook e il contatto virtuale: lo hai pensato durante il lockdown o ci stavi pensando già da prima, ma in un altro formato e hai dovuto rimodularlo? Se sì, ci puoi dire come lo avevi immaginato? 

In Viva Voce è nato nel periodo del lockdown, rispondendo a stimoli, riflessioni e preoccupazioni attivate in quelle giornate in cui è sembrato che la funzione del teatro, quella di attivare dialogo, confronto e crescita, non fosse necessaria. Ho seguito molto quello che avveniva sui social, come il mondo artistico ha risposto al blocco delle attività: la necessità di produrre materiali, anche in modalità nuove, cercando sempre il dialogo in rete. Mai si era parlato in questo modo di teatro sui social e mai prima molte testate giornalistiche hanno acceso i riflettori in maniera così partecipativa sul settore. Non c’è stato solo un “comunicare” contenuti, ma una “condivisione” cercando un nuovo approccio con il pubblico. Penso che da questa nuova impostazione non si possa più tornare indietro, e a partire da questa faremo i conti in futuro sia per la creazione sia per la comunicazione: può essere una bella opportunità per tutto il settore, di entrare in dialogo con il pubblico, e sarebbe un peccato sprecarla. Non dico che si debba per forza adottare un modello partecipativo come potrebbe essere In Viva Voce, ma sicuramente lo streaming può avvicinare contenuti artistici ad aspettative del pubblico.

Credi che il modello IN VIVA VOCE possa funzionare anche per altri filoni teatrali? Esistono dei modelli simili a cui ti sei ispirata?

Assolutamente, penso che In Viva Voce possa essere applicato anche per il teatro di prosa e a dir la verità con la mia collega Isabella Di Cola stiamo ragionando ad un’applicazione sulla danza. Mi piacerebbe pensare anche una modalità che vada ad investigare creazioni più performative, nell’ottica di avvicinare il pubblico ad un alfabeto stilistico ed estetico forse più complesso, coinvolgendolo in un gioco “creativo” che ha più analogie con l’arte contemporanea. Sono curiosa di capire come funzionerà in rete questa prima edizione, per poterlo calibrare a seconda dei filoni artistici ma sempre con un’attenzione particolare a chi può seguirlo sui dispositivi. Vorrei spingere il progetto verso una partecipazione attiva e farne una possibilità di crescita per le compagnie e per il pubblico. Non parlerei proprio di modelli a cui mi sono ispirata, ma sicuramente aver partecipato per molti anni alle fasi di selezione del Premio Scenario mi ha fatto riflettere sulla modalità per entrare in relazione con progettualità non ancora realizzate. Inoltre nel periodo di lockdown ho seguito anche il progetto del CSS di Udine in cui alcuni artisti presentavano idee per nuovi spettacoli su cui si attivavano campagne di crowdfunding: una bellissima iniziativa che ha aperto uno sguardo sul futuro.



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