Concerti Musica

Niccolò Fabi @ Castel Sant’Elmo – Napoli

Carmen Navarra

Pur sfuggendo per quanto posso alla dittatura moderna dei numeri volevo avvertirvi che sto per capitolare di fronte ai festeggiamenti per il ventennale. […]. Ho sempre dribblato come potevo appendimenti di medaglie et similaria perché li ho sempre masochisticamente considerati un ostacolo al miglioramento. Ma da uomo oramai di mezza età sto imparando ad abbandonarmi al godimento. E quindi che festa sia”. Con queste parole, Niccolò Fabi, classe 1968, cantautore romano di spicco nel panorama della musica pop italiana, presenta il suo DiVenti InVenti tour 1997-2017, titolo scelto per omaggiare i vent’anni di carriera. Diventi/inventi è inoltre un arguto modo di esortare un ipotetico uomo sui quasi 50 (o forse di ogni età) a diventare (reinventandosi) un artista in continua evoluzione. Nella medesima occasione Fabi presenta l’omonima raccolta uscita lo scorso ottobre.

Napoli, 30/06/2017 Nella meravigliosa cornice di Castel Sant’Elmo (per un grossolano errore, su cui lo stesso Fabi ironizzerà durante la serata, sui manifesti dell’evento era stato scritto Castel S’Antelmo), il cantautore romano è accompagnato da un gruppo di musicisti emergenti originari di Torino (Alberto Bianco, Matteo Giai, Filippo Cornaglia, Damir Nefat) che aveva conosciuto, come racconta al suo pubblico, in una notte di diversi mesi fa all’interno di un locale del capoluogo piemontese. Se da un lato si apprezza la fiducia che Niccolò nutre nei confronti di un cantautorato giovane e potenzialmente dotato (il concerto di Napoli è stato finanche aperto da un altrettanto musicista in erba, Guido Maria Grillo), dall’altro, nell’ampio spettro di pezzi più o meno gloriosi, si ravvisa a tratti una certa inesperienza “artigianale”, che  ri- arrangia in modo non sempre impeccabile. Tuttavia l’aspetto ancora una volta sorprendente, nonostante i moltissimi live in giro per l’Italia nell’arco di questi vent’anni (di cui gli ultimi otto seguiti, a intervalli regolari, da me medesima), è la spontaneità dell’interazione di Niccolò con il suo pubblico grazie alla sequenza di aneddoti (quello più interessante della serata in corso è il racconto del rapporto con la città di Napoli, sedimentatosi nel tempo) e alla serie di battute, a volte sottili, a volte sferzanti, che insaporiscono il gusto di una serata mirante al revival e ai ricordi – anche meno musicali e più esperienziali – delle (più di mille) persone riversatesi nel napoletano. Il concerto è un continuo rimbalzo tra ieri e oggi; si parte con Il giardiniere, il pezzo che diede vita all’omonimo album di un allora esordiente Niccolò Fabi, nonché il via ad una carriera in ascesa; si continua con una carrellata di pezzi tratti da Una somma di piccole cose (2016), etichettato dall’artista stesso come “il disco che avrei voluto sempre scrivere” (Una somma di piccole cose, Ha perso la città, Filosofia agricola), parentesi, questa, che si socchiude durante il live, per poi riaprirsi con Le chiavi di casa (introdotta con la confessione: “Non c’è brano più significativo per me”), Una mano sugli occhi, Facciamo finta. Il cuore del concerto è dedicato ai pezzi più celebri: Rosso, che ascolto per la prima volta dal vivo, suona (letteralmente) ancora più beffarda in versione live (hai presente quando sogni di morire per vedere chi verrà al tuo funerale?); È non è e Il negozio di antiquariato (quest’ultima in una toccante versione al pianoforte) riaccendono il clamore per uno dei migliori lavori della sua lunga carriera, La cura del tempo (2003). Le parole in musica per le quali Fabi ha ottenuto riconoscimenti di ogni sorta in questi anni, sono coronate dalla triade Costruire, “quella bella” (NdR), Una buona idea, finora unica scelta tratta da Ecco (2012), disco rimasto inspiegabilmente in ombra per quasi tutta la serata e Offeso (in duo con Fiorella Mannoia al momento dell’uscita nel 2003). Si lascia infine spazio alla leggerezza e al divertimento con un altro tricolon d’impatto: Vento d’estate (suonata da sempre live sia Fabi che da Gazzè, con il quale fu composta nel 1998), Lasciarsi un giorno a Roma (di cui mi ha colpito l’arrangiamento in chiave rockettara) e Capelli, che segnò l’esordio a Sanremo di un giovanissimo artista con un cespuglio in testa. Il finale è dedicato a un pezzo meno noto al “grande” pubblico (avverto minore coralità), la cui scelta è stata personalmente apprezzatissima; sulle note di Lontano da me, riecheggia tutta la filosofia musicale di questo artista: la ricerca del proprio io, la non situabilità della propria anima, la curiosità da soddisfare con i viaggi e le scoperte. Dove l’ignoto ha il suo profumo, io vado incontro al mio destino, seduto accanto a un finestrino. Il sipario cala, mentre Napoli è umida di luna.



Una selezione delle notizie, delle recensioni, degli eventi da scenecontemporanee, direttamente sulla tua email. Iscriviti alla newsletter.

Autorizzo il trattamento dei dati personali Iscriviti