Cinema

Miele

Valentina Esposito

L’attrice internazionale Valeria Golino esordisce alla regia toccando di sfuggita il tema dell’eutanasia per riflettere sulla vita e la morte attraverso gli occhi di due distanti generazioni.

Valeria Golino esordisce alla regia con Miele, ispirandosi liberamente al romanzo A nome tuo di Marco Covacich. Film toccante e suggestivo al punto giusto, l’attrice dimostra una buona sensibilità registica che fanno del suo primo lavoro un’opera che non passa inosservata.

Irene (Jasmine Trinca) ha trent’anni. Un percorso di studi in Medicina non terminato e un “lavoro” molto particolare: quello di abbreviare l’agonia di malati terminali che hanno deciso di chiudere con la vita, consumati dalle sofferenze che rubano ore alla loro esistenza. Tra i clienti un giorno arriva l’ingegnere Grimaldi (Carlo Cecchi), un uomo solo che pur avendo una salute di ferro che vuole abbandonarsi alla fine per evitare la solitudine: sarà questo l’incontro ad insinuare in Irene dubbi sulla sua professione e sulla sua stessa vita.

Chi ha catalogato questo film come l’ennesimo sull’eutanasia ha voluto generalizzarlo, senza prestargli troppa attenzione: il tema è solamente sfiorato, una realtà offerta come cornice e che non si presenta come questione da sciogliere. Irene si fa chiamare Miele si presenta come un dolce angelo della morte che, come suggeriva il poeta latino Lucrezio, offre una medicina amara con dolcezza. Si rivolge ai malati con amore, sceglie la loro musica preferita e realizza ogni loro richiesta prima della fine.

La Golino sceglie di muovere la sua instancabile protagonista in una perfetta alternanza tra interni ed esterni: le case e i paesaggi fanno da sfondo ai viaggi di Irene, accompagnati sempre da un rock lento, respiri affannosi e la velocità di una bici che lascia alle spalle ricordi, che ritornano imprevisti tra gli scorci dei paesaggi fino a disperdersi e allargarsi nei colori neutri di un particolare per poi dissolversi. Forte è il contrasto tra il carattere forte e sfuggente di Miele, e la disarmante tranquillità con cui si rivolge ai suoi pazienti: la bellezza semplice e decisa del look della Trinca contribuisce a rendere ben visibile questo gioco di opposti.

Pur essendoci nodi non sciolti nella tessitura di alcuni personaggi, ciò non intacca l’urgenza prima del film di voler raccontare l’instabilità interiore dell’ essere umano e soprattutto dei giovani. Gli incontri fugaci, il desiderio di sentirsi amati e la sensazione scomoda della solitudine, universi  sullo stesso terreno ma sempre lontani. Irene offre al viaggio finale dei malati la cura che non dedica a se stessa, accontentandosi di amori irrisolti e di parole non dette. Grimaldi apre uno squarcio in quel cuore solo che vive di partenze e ritorni senza mai trovare una dimora accogliente, e che guarda in faccia ora sia alla vita e che alla morte.


Dettagli

  • Titolo originale: Id.
  • Regia: Valeria Golino
  • Fotografia: Gergely Poharnok
  • Musiche: /
  • Cast: Jasmine Trinca, Carlo Cecchi, Libero de Rienzo, Vinicio Marchioni, Iaia Forte, Roberto De Francesco, Valeria Bilello
  • Sceneggiatura: Francesca Marciano, Valeria Golino, Valia Santella

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