Musica Nuove Uscite

Michael Head & The Red Elastic Band – Adios Senor Pussycat

Maria Ponticelli

Se è vero che per definire una buona parte degli artisti affermatisi nell’ambito della musica rock e dediti ad una vita di sregolatezze, viene spesso usata la definizione di “dannati”, sarà pur vero probabilmente che il Brit Pop rappresenta, in questo senso, un’assoluzione che prelude a sua volta ad una rinascita. È il caso ad esempio dei fratelli Gallagher che, superati gli eccessi del passato e soprattutto, presi singolarmente, non hanno opposto grande resistenza al richiamo della musica ed in particolare a quella che li ha fatti conoscere nel panorama musicale mondiale fino a consacrarli, come qualcuno ha osato dire, ad eredi dei Beatles icona storica del Britpop. Quello dei Gallagher però non sembra essere l’unico caso di ritorno alla vita nel mondo del pop-rock inglese , esso ha semplicemente prodotto più clamore per il semplice fatto che i due fratelli di Liverpool sono, per vicissitudini personali, quando non per un successo musicale, sulle pagine dei tabloid praticamente dagli albori della loro carriera. Assistiamo però oggi ad un altro acclamato ritorno nel panorama del pop inglese, atteso soprattutto da quegli ascoltatori che solitamente tendono l’orecchio alla finezza della scrittura autoriale e non al clamore mediatico.

Parliamo di Michael Head, anch’egli (neanche a dirlo) proveniente da Liverpool come le due band succitate e tanti altri protagonisti storici del pop britannico. Head in particolare ha avuto modo di collaborare a partire dagli anni 80 con due band rilevanti nella storia del genere, Pale Fountains e Shack e adesso torna determinato a rilanciare le gesta dei Red Elastic Band. Nel mezzo, tra la sua eclissi e la ricomparsa, si collocano vicende personali fatte di eccessi determinati dall’abuso di alcohol e droghe e a tal riguardo il titolo del nuovo album Adios Senor Pussycat sembra poter raccontare tanto. Adios quindi al torpore del talento seppellito sotto le macerie della sregolatezza e delle complicazioni di un passato turbolento, sulla nuova strada Michael Head trova tanti intenditori, compresi alcuni colleghi, che pare non abbiano mai avuto dubbi riguardo un suo ritorno in grande stile. Ciononostante però, la ripresa per Head sembra non essere stata nè facile nè immediata. L’uscita del nuovo album sembra aver preso tempi che vanno al di là di qualsiasi ragionevole attesa ma, una volta pubblicato, il disco ha da subito raccolto numerosi consensi da parte di musica e critica. Quarantacinque minuti e tredici tracce in cui l’artista di Liverpool conferma ancora una volta la sua identità musicale riconoscibile chiaramente nel genere che fu dei Beatles prima e di tante altre band che lo hanno rivisitato dopo.

Non mancano però le novità in termini di contaminazioni e soprattutto di ricerca.  Se ne ha da subito un saggio se si ascolta ad esempio la opentrack Picasso, un riuscito ibrido di folk e melanconia che arriva dal canto di un violoncello per finire con uno strascico noise. Dello stesso stile è Josephine, una ballata folk innestata con tracce di baroque pop in cui si intercetta un flauto che per un momento precipita l’ascoltatore in un’atmosfera celtica. Molto simile è il brano 4&4 still makes 8 che presenta però all’interno un importante variazione di tema in cui c’è un prepotente dirompere di chitarra elettrica che finisce poi con l’amalgamarsi all’impianto melodico del pezzo. In Queen of All Saints è un piano a farla da padrone accompagnato da una chitarra che imbastisce una sospesa atmosfera, quasi di suspence, che si risolve nel finale. Nella romantica Winter Turns to Spring è invece la sola voce dell’artista ad affiancarsi al suono del piano facendo di questo probabilmente il pezzo più pop dell’intero disco. Il baroque pop (anche conosciuto come chamber-pop) ritorna in Picklock così come il violoncello si fa riascoltare nella ballata Lavender way . Le contaminazioni cedono il passo alla tradzione in Mountain Thyme, brano omaggio alla tradizione folk rock scozzese che rinsalda il legame con il passato senza che questo diventi ostacolo verso nuove sperimentazioni. In perfetto stile britpop è invece Rumer.

Adios Amigos non è soltanto la title track e nemmeno la semplice conclusione dell’album, essa è con il suo Jangle pop la perfetta sintesi di ciò che è stato il pop con tutte le sue contaminazioni folk, rock, post punk e new wave subite dagli anni sessanta ad oggi. Dal gusto molto beatles nel finale, essa è la chiosa di un disco che ha visto un lungo travaglio prima di venire alla luce ed è pertanto anche la rinascita di un’artista che si era soltanto appisolato in dieci anni di sospensione, in cui l’humus della creatività, messo per forza di cose a maggese, sembra tuttavia aver portato frutti saporiti. Ad maiora.



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