Arti Performative

Marco Falaguasta // Neanche il tempo di piacersi

Giovanna Villella

Lo scorso 10 febbraio è stata inaugurata al Teatro Grandinetti di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, la nuova stagione teatrale Vacantiandu con la direzione artistica di Diego Ruiz e Nico Morelli.

Primo ospite l’attore e autore Marco Falaguasta con lo spettacolo Neanche il tempo di piacersi di cui è coautore insieme ad Alessandro Mancini per la regia di Tiziana Foschi. Un gioco di specchi, un confronto tra due epoche e due generazioni: i giovani nati nei favolosi anni ’80 con il loro carico di speranza e i ragazzi figli del nuovo millennio, dell’era tecnologica. In poche parole, Boomers contro nativi digitali.

Marco Falaguasta. Foto di Desme digital

Con Marco Falaguasta si ride. Ma la sua è una vis comica intelligente, lontana dai facili ammiccamenti, dalla satira di costume inflazionata e volgare. Non interpreta ruoli e non adotta personaggi. Falaguasta sa dosarsi e distribuire mestiere e improvvisazione, candore e malizia, senza perdere il contatto con la platea che risponde divertita alle sue provocazioni, riconoscendosi nei suoi racconti e ridendo di sé stessa. Il suo è un universo comico in agrodolce, che nasce dal gioco leggero del sentimento e della simpatia.

Falaguasta corre sul filo della memoria dove ognuno può trovare la propria foto-ricordo o un frammento di vita vissuta, fa sfilare sul palcoscenico le persone della sua famiglia e racconta il “paradosso” contemporaneo della normalità.

L’analisi della generazione degli anni ’80 con il suo modo di amare, vestire, sognare, muoversi nella società si apre sulle note del concerto di Baglioni allo Stadio Flaminio nel 1985 e prosegue con il ricordo di sua nonna Mimma, la matriarca della famiglia, esperta di economia domestica e riciclo di abiti di carnevale usati. Poi il primo amore adolescenziale, Lavinia, sul tappeto sonoro del Tempo delle mele. Le corse in due con il Ciao. La scoperta del sesso. Il dialogo divertito e affettuoso con il pubblico. Con uno scarto temporale si passa ai nostri giorni, dominati da quella “variabile impazzita” che è la tecnologia che ha contagiato non solo i giovani ma anche gli adulti, nuovi analfabeti digitali ma pronti ad esplorare le meraviglie del web mentre i ragazzi rivelano la loro naturale prossimità ai moderni linguaggi della comunicazione. Una società in cui la vecchia figura del commesso del negozio di calzature, in cravatta e col calzare in tasca pronto a servire i clienti, viene sostituito, ormai, da workers urlanti negli store trasformati in dj-set. I social che hanno prepotentemente modificato i nostri comportamenti e il nostro linguaggio. L’importanza e la gestione della propria digital reputation. Il corteggiamento d’antan e l’amore 3.0, le vecchie musicassette con i versi di Battisti che scandivano i tempi dell’approccio e le vecchie radio portatili soppiantate da Spotify.

Così, dopo aver distribuito caramelle e scapaccioni, nel finale Falaguasta lascia al pubblico una riflessione pacata e potente, chiamando gli adulti alle proprie responsabilità. La società ha subito un mutamento profondo ma non bisogna avere nostalgia dei vecchi tempi e criminalizzare i giovani. Gli adulti devono mettersi in discussione e cercare di comprendere le esigenze in continua evoluzione dei ragazzi, restare vigili e sintonizzarsi con il loro universo emotivo, senza eccedere nel controllo ma facendo sentire loro il peso della propria presenza perché «l’ascolto è il più grande atto di generosità che si possa fare nei confronti di un’altra persona».

 

[Immagine di copertina: foto di Desme digital]



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