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Lucio Fontana – Ambienti/Environments @ Hangar Bicocca, Milano

Maria Ponticelli

Dopo anni di approfondita ricerca e di studio dei materiali rinvenuti all’interno degli archivi della Fondazione Lucio Fontana, il museo Pirelli Hangar Bicocca – dell’omonima fondazione per la promozione e produzione di arte contemporanea – ospita una mostra dedicata a Lucio Fontana, uno degli artisti più importanti del ventesimo secolo, ricordato non soltanto per il suo contributo innovativo ma soprattutto per la capacità di ispirare generazioni future di artisti, in quanto pioniere di una nuova concezione dell’arte contemporanea.

La mostra, in particolare, è stata concepita intorno ad una particolare tematica, una pratica dall’artista stesso definita come Movimento Spaziale, e conosciuta più tardi come Spazialismo. Frutto di tale ricerca sono state le opere concepite come Ambienti Spaziali; il primo esemplare di questa serie di produzione artistica è stato concepito nel 1949 e denominato Ambiente Spaziale a luce nera, nato dalla collaborazione con i maggiori esponenti del mondo dell’architettura in quegli anni. Le opere ambientali di Lucio Fontana venivano infatti collocate all’interno di architetture esistenti affinchè queste dialogassero con l’ambiente circostante ed erano concepite affinchè il visitatore potesse interagire con esse attraverso una propria soggettiva percezione dell’opera. In questi termini Fontana seppe rompere gli schemi lasciando che il visitatore entrasse all’interno dell’opera e ne facesse esperienza per poi restituire significato all’opera stessa. La mostra, in definitiva, ospita due interventi ambientali e nove Ambienti Spaziali realizzati dall’artista in circa vent’anni, ovvero dall’ Ambiente Spaziale a luce nera, il primo realizzato nel 1949, fino al 1968, anno della sua scomparsa.

Le installazioni, frutto di un’attenta e fedele ricostruzione di quelle originali realizzate dall’artista e puntualmente distrutte a fine esposizione, sono collocate in nove container cui vi si accede dall’ingresso dello spazio espositivo dell’Hangar Bicocca. Prima però di abbandonare il visitatore ad un percorso di esperienza sensoriale, la mostra offre, in determinati giorni ed orarI, la possibilità di seguire la proiezione di un documentario che introduce all’esposizione e sintetizza la ricerca artistica dell’autore. Attraverso tale contributo è possibile capire che l’arte di Fontana risente fortemente del contesto storico in cui essa nasce e cresce, essa infatti è immersa nell’humus delle scoperte scientifiche dell’epoca ed in particolare nella scoperta dello spazio e di ciò che fino a quel momento risultava essere l’ignoto, almeno fino allo storico e sensazionale approdo dell’uomo sulla luna. In tale direzione quindi si muove l’arte di Lucio Fontana che ha studiato i concetti di spazio, luce e materia per dare all’opera d’arte una dimensione protesa verso l’infinito. Testimonianza di tale ricerca sono non soltanto gli ambienti spaziali ma anche le celeberrime tele in cui l’artista introduce una dimensione che va al di là della bidimensionalità per aprire un canale di comunicazione verso lo spazio esterno. Emblema di questa nuova dimensione sono  gli squarci nella tela praticati con meticolosa precisione e particolare dedizione e, ancor prima dei tagli, i buchi a dimostrazione del fatto che l’opera d’arte esiste all’interno di un ambiente spazio, con cui interagisce e di cui è parte. Per Fontana infatti, lo squarcio costituisce la frontiera prima d’allora mai valicata nella fruizione di un’opera d’arte, esso è allo stesso tempo il centro dell’opera e la via di collegamento tra questa e e lo spazio circostante. La ricerca del Movimento Spaziale non si ferma quindi ad un’unico linguaggio ma attraversa la pittura come la scultura fino ad intrecciarsi con l’architettura in cui essa confluisce proprio con la realizzazione degli Ambienti. Alle spalle dell’ingresso dunque, è possibile accedere all’installazione degli Ambienti Spaziali realizzati all’interno di stanze ricostruite rispettando le misure originarie. Prima di accedere ad esse, così come alla fine del percorso, è possibile ammirare due Interventi Ambientali: Struttura al neon per la XI Triennale di Milano del 1951 e Fonti di Energia, soffitto al neon per “Italia 61 del 1961. Entrambe le opere sono realizzate attraverso tubi fluorescenti al neon, materiale estremamente innovativo nel mondo dell’arte di allora e che, in occasione della mostra, sono stati commissionati alla stessa casa di produzione presso cui l’artista si riforniva. La struttura al neon per la XI Triennale di Milano, primo esempio di utilizzo di questo elemento nelle installazioni artistiche ambientali, e originariamente progettato per collegare il piano d’ingresso della mostra con il primo piano, è stata realizzata nelle stesse dimensioni dell’allestimento del 1951 ed anche in questo caso è l’opera che accoglie il visitatore e lo introduce all’intera esposizione che prosegue con il primo dei nove ambienti, ovvero Ambiente spaziale a luce nera, in cui l’artista ha unito pittura, scultura,ed architettura in un opera che, attraverso l‘utilizzo di una particolare luce ultravioletta, detta luce di Wood e utilizzata in diversi ambiti scientifici,  ricrea l’idea di sospensione nello spazio e di dinamismo attraverso la fluorescenza data dai colori di cui Fontana aveva dipinto le forme di cartapesta.  A questa seguono i due ambienti correlati e denominati Ambiente Spaziale “Utopie” (64 A3) e Ambiente Spaziale “Utopie” (64 A2) progettati entrambi per la XIII Triennale di Milano del 1964. La sensazione che si ha, entrando in ciascuno di essi, è totalizzante. Il visitatore diventa tutt’uno con l’opera, egli è all’interno dell’installazione ed è parte di essa nella misura in cui la propria percezione diventa attribuzione di significato all’opera stessa. Entrambi gli ambienti sono stati concepiti intorno alle idee di sfalsamento percettivo, dato dall’utilizzo delle luci, e di instabilità corporea, determinata dal pavimento ondulato nella prima opera e dall’andamento curvilineo della parete nella seconda. Quello successivo è denominato Ambiente Spaziale 1966. Progettato per una mostra personale (la prima dedicata a Lucio Fontana) denominata “The Spatial Concept of Art” ed organizzata dal Walker ArtCenter of Minneapolis, l’Ambiente è costituito da una stanza quasi completamente buia dove si distingue in maniera netta un rettangolo delineato da luci verdi al neon che fuoriescono da piccoli buchi. L’effetto di isolamento che si percepisce proviene anche dall’instabilità data dal camminare su un pavimento in gommapiuma ed è tanto forte da generare nel visitatore un effetto di spaesamento. Le stanze che seguono ospitano l’Ambiente Spaziale 1967, l’Ambiente spaziale con neon 1967 e l’Ambiente spaziale a luce rossa. Al centro delle prime due opere vi sono rispettivamente forme dipinte di nero con contorni bianchi fluorescenti sospese e fluttuanti nello spazio e neon il cui colore è ripreso nei rivestimenti delle pareti come a voler trasmettere un’esperienza sinestetica allo spettatore, associando la percezione visiva a quella tattile. L’ambiente spaziale a luce rossa invece, strutturato come uno spazio labirintico attraverso l’utilizzo di pareti rosse, è stato progettato intorno alla presenza del visitatore all’interno dell’opera stessa e sulla possibilità di smarrimento e di controllo che uno spazio vuoto, ma suddiviso da pareti strette, può provocare sullo spettatore. Gli ultimi due ambienti sono rispettivamente costituiti dalla riproduzione fedele di scene di colore dato dalla luce di Wood e da uno spazio di assoluta assenza di colore che ben restituisce il senso di vuoto nel visitatore che lo percorre. In questo ultimo percorso si distingue infine uno dei famosi “tagli-firma” dell’autore all’interno della parete; lo squarcio corrisponde alla chiara necessità di voler comunicare che l’opera d’arte non esiste e non termina in uno spazio definito ma continua oltre la fenditura. La chiosa dell’intera esposizione è affidata ad un intervento ambientale: Fonti di energia, soffitto al neon per “Italia 61” realizzato per l’Esposizione Internazionale del Lavoro tenutasi a Torino nel 1961 e rispondente al criterio di progresso tecnologico, principio ispiratore della manifestazione stessa. La luce verde che emana dalla struttura luminosa posta sotto il soffitto e composta da tubi al neon blu e verdi disposti in diagonale, restituisce al visitatore una sensazione di serenità e di compiutezza. In tale ultimo “intervento”infatti la correlazione tra luce e spazio sembra essere quanto mai completa: la luce amplifica lo spazio circostante e lo dilata.

La mostra che il museo Pirelli Hangar Bicocca dedica alla figura dell’artista Lucio Fontana è stata curata da Marina Pugliese, Barbara Ferriani e Vincenzo Todolì è stata aperta al pubblico fino al 25 febbraio. Una serie di eventi facenti parte del Public Program ha accompagnato l’intera esposizione, tra questi la serata di musica con brani registrati tra il 1948 e il 1958 nello storico Studio di fonologia della Rai di Milano. Un excursus storico tra tecnologia, spazio e tempo che ben si inserisce nel periodo storico di progresso scientifico in cui Lucio Fontana ha affondato le radici della sua ricerca artistica



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