Libri

Libri da finire. “Palomar”

Francesca Fichera

Una lettura per concludere degnamente l’anno e cominciare allo stesso modo il prossimo: uno dei romanzi più complessi e straordinari di Italo Calvino

Fra pochi giorni – ma solo se le profezie lo consentiranno – scoccheranno i trent’anni dalla data d’uscita di Palomar, romanzo fra i più complessi e straordinari di Italo Calvino. E quale modo migliore per festeggiare in anticipo la ricorrenza, di recuperare o anche ripetere quest’affascinante lettura? Attenzione, però, perché si parla d’un libro la cui bellezza, al contrario che nel caso del conclamato capolavoro calviniano Il barone rampante, si schiude a chi lo legge come acqua stillata goccia a goccia nella gola di un assetato, finendo poi coll’esplodervi dentro in una corroborante cascata.

D’altronde basterebbero le poche righe conclusive dell’introduzione al romanzo, scritta da Calvino stesso, per invogliare il lettore a cominciare: “La storia di Palomar si può riassumere in due frasi:‘Un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato’”.

Ed è dunque bene seguirlo, il signor Palomar, sulle strade fisiche e mentali del suo viaggio speculativo disseminato di dubbi e passi indietro, di osservazioni, considerazioni e riflessioni sfocianti nella scienza e nella filosofia: verso la meta (irraggiungibile?) di una comprensione della realtà quanto più possibile vicina alla “perfezione”, di quella “oggettività della descrizione la cui forza s’impone alle diverse espressioni letterarie”; e, diremmo, anche agli uomini, o ad alcuni di loro. In questo Palomar rivela la sua natura di “esperimento sugli esperimenti”, di singola “lettura del mondo” che riproduce e ingloba ogni umano tentativo di comprendere l’universo con i suoi miliardi di sovra- e sottomondi, di unificarlo in una visione logica che, tuttavia, non escluda l’esperienza sensoriale ed emotiva fatta nella quotidianità ma, anzi, la consideri parte integrante e irrinunciabile dell’intero processo cognitivo dell’esistenza. Il taciturno signor Palomar si identifica con tale processo (e Calvino, a sua volta, pare identificarsi con lui), scomponendolo in tre livelli configurati come tappe, o capitoli, del suo diario di “registrazione” del reale: dagli effetti della visione, dell’osservazione dei fenomeni, cui il linguaggio risponde con acute e dettagliate descrizioni, Palomar passa all’attività narrativa vera e propria, derivata dal suo vivere a contatto con la realtà concreta della città e le “basi materiali dell’esistenza”; per poi finire, nella terza e ultima sezione del libro, con l’aggrovigliarsi in un silenzio metaforico e meditativo scaturito dall’impossibilità di tradurre in pensieri definiti l’immensità del cosmo. Così si chiude un’opera-cammino che è anche soprattutto vita, perché la parola che la forma vive costantemente della sua incertezza di fondo, di quella sospensione fra scienza e anima che è vero splendore dell’umanità. E che solo Calvino ha saputo restituire così bene al Tempo.


  • Genere: Narrativa italiana

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