Arti Visive

L’America come non l’avete mai vista. Fotografie di Gregory Crewdson

Gabriella Bologna

Ritratti di luoghi e persone della provincia americana. Non quella squallida e realistica di un corposo filone di cinema e letteratura statunitense, ma quella trasfigurata da una luce irreale e da una ricerca accurata del dettaglio. Figure pietrificate e oggetti talvolta del tutto avulsi dal contesto in cui si trovano costituiscono la cifra stilistica inconfondibile di Gregory Crewdson, uno fra i più noti fotografi statunitensi che vanta un curriculum eccellente di studente prima e docente poi all’Università di Yale.

Ritratti di luoghi e persone della provincia americana. Non quella squallida e realistica di un corposo filone di cinema e letteratura statunitense, ma quella trasfigurata da una luce irreale e da una ricerca accurata del dettaglio. Figure pietrificate e oggetti talvolta del tutto avulsi dal contesto in cui si trovano costituiscono la cifra stilistica inconfondibile di Gregory Crewdson, uno fra i più noti fotografi statunitensi che vanta un curriculum eccellente di studente prima e docente poi all’Università di Yale.

C’è qualcosa che discende direttamente da Hopper in Crewdson, la malinconia e l’incomunicabilità dei suoi personaggi, reinventati con il filtro di un’estetica formale rigorosa e neo-barocca, una spiccata teatralità nella costruzione della rappresentazione e, non ultimo, uno sguardo ai film di David Lynch, Blue Velvet in primis. “Le mie immagini cercano un momento: un momento perfetto” dichiara l’artista. “Per me il momento più potente di tutto il processo arriva quando tutto è messo insieme. E per quell’istante ha senso la mia vita”.
La potenza delle immagini di Crewdson sta nel racconto spezzato, nella narrativa interrotta, nel frammento di una storia che lo spettatore non conoscerà mai. La natura statica della messa in scena crea il mistero senza svelarlo e lo fa attraverso un lungo lavoro di équipe che accompagna il fotografo in tutti i suoi scatti. Questa peculiarità del lavoro di Crewdson è all’opposto della concezione tradizionale di fotografia come opera di un singolo individuo e la avvicina più al lavoro di squadra nella produzione di un film. 
Proprio su questo lavoro corale diretto da un grande regista si concentra il recente documentario di Ben Shapiro, Gregory Crewdson: brief encounters, costruito su dieci anni di lavoro del fotografo. Selezionato in numerosi festival americani il film, forse il primo “backstage di una fotografia”,
“Il titolo suggerisce l’impegno dell’osservatore nei confronti della fotografia”, ha dichiarato Shapiro in una recente intervista, “la relazione tra Gregory e questi momenti fugaci e il suo incontro con quel mondo da lui creato in modo del tutto provvisorio e compiuto prima che tutto questo svanisca”.


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