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“La vecchiaia? Vi sono ancora molte fortezze fisiche da espugnare per una reale integrazione”: intervista ad Alessia Arena in scena a Roma con “Io sono Chi”

Roberta Leo

Va in scena venerdì 10 e sabato 11 gennaio al Mattatoio – La Pelanda del complesso del Museo MACRO di Roma, nell’ambito dell’ottava edizione del Roma Fringe Festival, Io sono Chi di e con Alessia Arena, diretta da Matteo Marsan. Lo spettacolo, Premio “Medaglia Spiga d’Argento” 2017 per il rilevante valore socio-culturale del progetto, è il ritratto caleidoscopico del rapporto tra identità e corpo nella terza età che la “cantattrice” livornese Alessia Arena ha approfondito  un’esperienza residenziale nelle RSA di Val di Pesa e di Chianti, da cui ha poi tratto il testo dello spettacolo.

Alessia Arena un giorno ha deciso di intraprendere un viaggio per conoscere il mondo degli anziani, e lo ha fatto mettendo piede nelle RSA, ambienti che ti spogliano di tutto ciò che sei, la tua identità. Da qui il titolo, Io sono Chi e la narrazione dei pensieri che animano il mondo delle residenze per anziani, immagini che Arena ricuce sul palcoscenico con parole e musica per voce sola, mettendo insieme le storie delle persone che ha incontrato. Storie di corpi e di mani, di uomini e di donne, di rinunce e di affanni, che la voce trasforma in canto di gioia, di sofferenza, di vita.

Il progetto si è avvalso della collaborazione artistica di Daniela Morozzi, già protagonista di uno spettacolo sensibile al tema, “Mangiare bere dormire ~ Storie di badanti e badati!”, e Valerio Nardoni, vincitore di numerosi premi, tra cui il Premio Nazionale per la Traduzione MiBACT 2017, e docente di scrittura creativa presso la Scuola Carver di Livorno.

Ne abbiamo parlato con l’autrice e cantattrice, Alessia Arena.

Io sono Chi è il frutto di un’esperienza residenziale nelle RSA di Val di Pesa e di Chianti. Quale è stato l’input, la miccia creativa da cui è scaturito il testo dello spettacolo?

Tutto nasce dalla riflessione che un anziano, quando entra in una RSA, viene spogliato di tutto; nulla di lui puoi intuire, e ancor più conoscere, dall’ambiente che lo circonda. Il suo unico elemento identificativo è il suo corpo. Da lì il desiderio di entrare in RSA e confrontarmi, attraverso laboratori musicali, grafici e di scrittura creativa, con coloro che forzatamente non possono rifuggire il dialogo con se stessi.

La perdita dell’identità durante il tempo della vecchiaia, soprattutto per chi vive tale fase della vita all’interno di una RSA, è stato il perno principale del progetto. Come si traduce nello spazio scenico il pensiero di un concetto così complesso?

Io sono Chi è un racconto che si snoda con ironia, rabbia, sorriso e malinconia tra una moltitudine di sedie di un “tipico spazio comune” di una RSA. Abbiamo così volutamente, con il regista Matteo Marsan, riproposto sul palco la semplicità di quanto vissuto durante la residenza.

Tu sei una “cantattrice” e lo spettacolo mette in scena il rapporto tra identità e corpo. Spesso gli anziani vedono venir meno prima di tutto le abilità motorie. Che tipo di relazione hai cercato di costruire tra voce e corpo, tra testo e movimento?

La relazione e tensione che si crea tra questi elementi è fortemente interna ed emotiva, ed è lasciata affiorare solo attraverso la voce, cantata e recitata, come un cantastorie.

Che valore assume la musica in questo spettacolo?

La musica è parte integrante della narrazione, fino a divenire in alcuni casi un vero e proprio monologo teatrale.

La vecchiaia è un tema che difficilmente ci riguarda almeno fino a quando non vi ci troviamo dentro. Che impatto ritieni possa avere un lavoro del genere sul pubblico più giovane?

Credo che possa indurre a riflettere che nelle nostre città vi sono ancora molte fortezze fisiche da espugnare e porte da aprire perché vi sia una reale integrazione dell’uomo in tutte le sue declinazioni, anche nella vecchiaia.

In cosa è consistita la collaborazione di Daniela Morozzi e Valerio Nardoni e che tipo di supporto ha apportato al lavoro?

Con Daniela Morozzi, mia coach teatrale nel precedente progetto A piedi nudi omaggio a Rosa Balistreri, ho subito discusso l’idea e le sue modalità di realizzazione. Grazie a lei si è poi strutturata una importante e valida rete intorno al progetto, costituita dal regista Matteo Marsan e Valerio Nardoni, occhio critico e ironico, che mi ha affiancato sul campo nelle RSA per la selezione delle storie e successiva stesura del testo.



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