Arti Visive

L’arte nei luoghi dell’abbandono. Intervista a Spazi Indecisi

Gabriella Bologna

Il progetto Spazi Indecisi nasce dall’urgenza di reagire all’implacabile consumo di territorio italiano per valorizzare gli spazi in abbandono, che diventano campo di indagine e di ricerca per artisti, fotografi, architetti, urbanisti, paesaggisti e cittadini. L’intervista di Scene Contemporanee.

Cos’è il Museo diffuso dell’abbandono?

 Sono centinaia gli spazi in abbandono in Romagna: ognuno di loro rappresenta una ferita dei nostri tempi sempre più complessa da curare se si rimane ancorati ad un pensiero e ad un agire passato.

Molti luoghi meritano l’abbandono o la demolizione inesorabile, altri una seconda vita, altri di diventare memoria condivisa.

In Loco – il museo diffuso dell’abbandono è il tentativo di scegliere in questo determinato momento quali tramandare al futuro.

Non salvandone e conservandone i muri, ma valorizzandone in prima istanza il patrimonio culturale di storia, storie ed emozioni che racconta un territorio e le sue evoluzioni. Un patrimonio che rischia l’oblio. Per sempre.

Gli spazi indecisi che ne fanno parte sono stati così raccolti, catalogati, documentati come fossero beni culturali ed esposti attraverso un museo, istituzione che definisce cosa è patrimonio e memoria da sempre.

In Loco è un museo, ma senza pareti o cancelli, in divenire, è uno spazio di esplorazione diffuso che connette e dà una lettura di insieme dei territorio ai margini, per raccontare il paesaggio abbandonato e spingere, attraverso una guida alternativa e in continua evoluzione, fotografi, architetti, esploratori urbani ad andare sul posto, in loco per conoscere la Romagna in modo insolito.

 

Quanti e quali luoghi sono stati mappati?

Dal 2010 l’attività fondante di Spazi Indecisi è esplorare il territorio e raccogliere fotografie inviate da fotografi ed esploratori urbani da tutta Italia, con un’attenzione particolare per la Romagna. Solo sul territorio romagnolo sono stati individuati alcune centinaia di luoghi ai margini. Molti di questi sono parte della mappatura presente sul sito www.spaziindecisi.it. Una parte di questi luoghi, quelli che vogliamo “tramandare” per la loro storia o il fascino che emanano, sono diventati parte di In Loco.

Il patrimonio ai margini è peculiare in ogni territorio. Questi frammenti di urbanizzazione raccontano la società globale e locale che cambia ed è cambiata. Da qui l’idea di leggere il nostro territorio, la Romagna, attraverso una serie di itinerari tematici che ragionino in chiave contemporanea su questo passato. Ponendoci domande sul nostro presente.
Così l’itinerario “Lavori in tras-corso” racconta il tessuto produttivo ed economico che non esiste più, che un tempo comprendeva zuccherifici, fornaci, il foro boario ora abbandonati.
“Un estate al Mare” racconta i residui e il mutare di quel divertimentificio che è la Riviera romagnola: discoteche, parchi gioco, stabilimenti marittimi, hotel e altro.

In loco racconta un’altra peculiarità del nostro paesaggio un po’ scomoda, l’architettura del ventennio, attraverso “Totally Riviera” un viaggio sulla costa attraverso quello che resta di 8 colonie di stampo razionalista e “Totally Terrae” che riconnette nell’entroterra edifici come Case del Fascio, colonie marine, industrie belliche, ma anche mirabili villini.

 

 Quali interventi sono stati fatti sulle architetture mappate? Chi sono gli artisti coinvolti? qual è il criterio che ha guidato la scelta degli interventi?

 C’è un itinerario a cui abbiamo rivolto particolare attenzione: l’itinerario contemporaneo Do.Ve. (dotted venue). 8 giovani artisti, diretti da Patrizia Giambi, hanno realizzato opere ispirate da 8 luoghi abbandonati dopo averli perlustrati armati di torcia, caschetto, cesoie. Le esplorazioni fisiche sono divenute così vere e proprie ricerche di arte contemporanea, indagini sul potenziale estetico e la capacità narrativa di spazi come i silos dell’ex distilleria Martini, il convento di Scardavilla, Villa Muggia a Imola e altri ancora, con la volontà di riportarli nell’immaginario collettivo.

Intrattenere con i luoghi un sentimento di familiarità, col pensiero guida  di cercare nei luoghi stessi tracce del loro destino, è stato l’input con cui Barbara Baroncini, Alice Cesari, Luca Freschi, Elena Hamerski, Matteo Lucca, Maurizio Mercuri, Stefano Ricci e Francesco Selvi hanno interpretato le architetteture, rendendole fulcro dei loro interventi e slegandole dall’essere meri contenitori-cornice.

Gli artisti hanno realizzato opere video che hanno trasposto con un linguaggio cinematografico gli interventi realizzati nei luoghi stessi. Sono nati lavori molto interessanti, come la deposizione dell’uomo di pane realizzata da Matteo Lucca all’interno di una chiesa abbandonata, il cui video racconta come questa statua sia diventata alimento per l’ambiente circostante, animali in primis. Barbara Baroncini ha inondato di luce Villa Muggia come avvenne a inizio ‘900 quando lo spazio fu illuminato da circa 900 lampadine sparse per tutto il parco.

Elena Hamerski ha riprodotto una planimetria in cotone in scala 1:1 di tutti gli ambienti del piano terra di un villino Liberty.

 

Come hanno reagito cittadini e istituzioni a questi interventi?

Lo scorso maggio è stato presentato InLoco a Forlì in una mostra all’interno dell’ex Asilo Santarelli, dismesso da alcuni anni.

E’ stata anche l’occasione di mostrare un luogo chiuso da anni alla cittadinanza.
In Loco ha incuriosito e sorpreso cittadini, artisti e istituzioni, ma la cosa che ci ha fatto piacere è che nonostante un’architettura progettuale piuttosto complessa sia risultato chiaro il nostro obiettivo. Ora però quello che ci aspettiamo è che le persone esplorino il museo diffuso.

 

Come funziona il QR code in questi luoghi?

In Loco vuole spingere all’esplorazione del territorio ai margini. L’atto della esplorazione è il momento conoscitivo per eccellenza, in quel momento si crea una relazione empatica ed emotiva con il luogo. E’ il momento chiave per una riappropriazione simbolica e culturale rispettosa del luogo stesso.

Una volta che le persone arrivano all’ingresso di questi luoghi, l’invito è cercare il qr-code che nasconde contenuti creati ad hoc per quello spazio grazie alla collaborazione con realtà culturali, fotografi ed artisti.

Questi contenuti multimediali, fruibili esclusivamente in loco, vogliono arricchire la narrazione e la carica emotiva di questi luoghi. Per l’itinerario contemporaneo Do.Ve i contenuti nascosti sono i video prodotti dagli artisti, per l’itinerario Lavori In Tras-corso, per fare un’altro esempio, brevi documentari che raccontano attraverso la voce di ex lavoratori vicende storiche e personali legate al luogo stesso.

In Loco è un progetto in movimento e anche per questo siamo sempre al lavoro per produrre nuovi contenuti che generino nuove narrazioni che riflettano sulla città e sulle sue metamorfosi, trasformando il paesaggio ai margini in un campo di ricerca per artisti, fotografi, architetti, filosofi e cittadini che mette in relazione passato presente e futuro per produrre una rielaborazione contemporanea e proiettare questi luoghi nel futuro.

 

 Quali sono le altre iniziative di spazi indecisi?

Spazi Indecisi sperimenta interventi a costo 0 di valorizzazione dei luoghi in abbandono, innescando processi di rigenerazione urbana leggera attraverso dispositivi culturali che ibridano i diversi linguaggi contemporanei. In Loco è uno di questi dispositivi, ma non è l’unico. Nel passato abbiamo realizzato Cicli Indecisi, una pedalata alla scoperta dei luoghi in abbandono del centro storico di Forli animati per l’occasione da interventi istallativi e performativi ironici e leggeri, in dialogo tra storia e arti contemporanee.

In questo momento Spazi Indecisi è impegnata nel lancio nella seconda edizione di Totally Lost, una ricerca collettiva europea per scoprire e fotografare il patrimonio architettonico abbandonato dei regimi totalitari europei del ‘900 in collaborazione con la rotta culturale ATRIUM– Architecture of Totalitarian Regimes of the XX Century in Europe’s Urban Memory.

Durante la prima edizione hanno partecipato oltre 200 fotografi e videomaker da tutta Europa, mappando attraverso oltre 2000 fotografie oltre 250 luoghi da “dimenticare”: ex palazzi di potere, sedi di partito, rifugi militari, scuole, aeroporti e memoriali. La fotografia è stata il filtro attraverso cui riflettere sul rapporto fra questi luoghi e il contesto geografico e culturale in cui ora sono, non per chiudere con il passato ma per rivalutare criticamente questo patrimonio nel presente e immaginare nuove prospettive per il futuro. Con il materiale selezionato é stata poi prodotta una mostra allestita dentro uno spazio in abbandono a Forlì, l’ex deposito ATR, e poi in Ungheria e Lussemburgo. Vogliamo ripetere il percorso.

C’è tempo per fotografi e videomaker di proporre il loro materiale fino al 31/12, vi aspettiamo!



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