Arti Performative

Intervista a Stefano Maria Palmitessa

Renata Savo

Tra meno di un mese debutterà il nuovo spettacolo della Compagnia “Paltò Sbiancato” al Teatro “Le Salette” di Roma, dal titolo Lastre di ghiaccio. Abbiamo, quindi, intervistato il regista, Stefano Maria Palmitessa, per parlarcene e anche per scoprire qualcosa in più su di lui, sul suo particolare modo di fare teatro.

In occasione del debutto del nuovo spettacolo, Lastre di ghiaccio – al Teatro “Le Salette”, dal 15 al 19 maggio – della Compagnia “Paltò Sbiancato”, abbiamo pensato di fare qualche domanda al regista Stefano Maria Palmitessa, classe 1953.

Palmitessa si occupa da molti anni di teatro. Un mondo che conosce bene non solo dall’interno, attraverso il suo lavoro di produzione, ma anche all’esterno; perché prima di fondare la Compagnia “Paltò Sbiancato” nel 2009, ha svolto un’ampia opera di diffusione dei linguaggi teatrali d’avanguardia europei attraverso la promozione di festival, rassegne, registrazioni radiofoniche e televisive. Il teatro, insomma, gli appartiene sotto molteplici aspetti, tra cui non manca quello drammaturgico o quello scenico, più visivo. Anzi, credo che proprio l’attenzione verso la visualità del mezzo teatrale sia sempre stata alla base del suo modo di fare teatro, quasi come una “vocazione” di cui è impossibile non sentire il richiamo.

 

Drammaturgo, regista, scenografo, costumista. Manca qualcosa? Attore?

Per me nel teatro non ci sono ruoli definiti a priori, ma solo scelte momentanee che in quel dato tempo storico si crede di poter prendere al meglio. Nel dare un’anima allo spettacolo, l’efficienza è maggiore se si dividono le responsabilità, per il mio percorso artistico è stato fondamentale assumerle nelle loro specificità, in occasioni diverse. Comunque, per la cronaca, sono stato anche un imberbe, stralunato Romeo e un Gesù attempato.

Come e quando ha cominciato a occuparsi di teatro?

Da quando sceneggiavo il copione per i miei soldatini. Mettevo in scena battaglie e tafferugli.

Mi incuriosisce molto conoscere l’origine del nome della compagnia “Paltò Sbiancato”…

Questo nome è un acronimo composto dalle iniziali dei cognomi dei fondatori della Compagnia: la prima sillaba “Pal” sta per Palmitessa e via dicendo…

Qual è il primo pensiero che le viene in mente quando è di fronte a un classico? Che cosa cerca Lei in quel testo? Che sia un dramma borghese dell’Ottocento o una tragedia di Shakespeare, cosa cambia?

Un testo classico offre un campo d’azione illimitato e stratificato. Esso trasmette le emozioni senza che debbano essere sbirciate attraverso la patina gelatinosa della realtà. Nel dramma storico c’è qualcosa di molto profondo nella sua struttura e che richiede un livello d’ascolto eccezionale. Nel Tabulè di Tito dal Tito Andronico di Shakespeare, per esempio, abbiamo rivissuto la crudeltà della vendetta umana nell’esemplarità di una storia ferocemente sadica e sorprendentemente universale. I testi vanno ribaltati per portare in superficie la testualità nascosta.

Sbaglio, o ha una particolare predilezione per i volti dipinti? Mi colpirono molto i volti di Alexej von Jawlensky riprodotti sul viso degli attori nel Tabulé di Tito

L’estetica visuale è al centro del mio lavoro. Le interferenze fra trucco e arti visuali a partire dagli inizi delle mie esperienze di teatrante incidono sulla natura stessa della cosiddetta “maschera teatrale” e rimodellano il suo significato. Il linguaggio del belletto, supera il suo stesso contesto e scivola nell’arte figurativa, in un nuovo dispositivo d’espressione. La pittura del viso ci guida verso profondità impensabili. Lo studio delle espressioni facciali così modificate amplia il campo della comunicazione creando un codice diverso. Indispensabile alla mia regia. Alcuni elementi fondamentali del volto, che rendevano possibile l’identificazione del tipo di emozione sottolineati in maniera tradizionale dal make-up, con questo trucco vengono come spostati in un’altra dimensione.

Mi parli dell’ultimo spettacolo della compagnia, Lastre di ghiaccio. Il testo è un’idea completamente nuova?

Sì, il testo, “Lastre di ghiaccio”, è un’idea originale dei due drammaturghi, Francesca e Natale Barreca che da qualche tempo collaborano alle mie messe in scena. Questo copione vuole rappresentare con strazio e ironia la condizione della donna contemporanea. La stilizzazione dei personaggi conferisce a questa piéce un tono particolare a metà strada tra l’angoscioso e il grottesco. Quattro donne che tra scontri verbali si contrappongono con le loro personalità, le loro scelte, e i loro opportunismi rimanendo gelidamente consolidate, come “lastre di ghiaccio”, nelle loro convinzioni.

Chi considera suoi maestri?

La lezione del pittore e regista Tadeusz Kantor è senz’altro un grande punto di riferimento nel mio teatro. Segnatamente la sua idea di “Scenografia in movimento”, in cui il corpo dell’attore diviene elemento base di significazione, rappresenta un’originale, sconfinata, nuova possibilità espressiva.

Che cosa pensa del teatro che si vede oggi? Crede che la qualità delle produzioni attuali sia inferiore rispetto al passato? Anche rispetto a quello che una volta era definito “teatro di ricerca”…

In Italia rare sono le connessioni tra generazioni e il passaggio dei saperi. Comunque anche nelle nuove generazioni c’è chi protesta contro questo stato-di-cose alla ricerca di un proprio spazio e chi lo fa perché punta al facile successo. Ma solo chi sa “sinceramente” guardare il mondo può riproporlo come pre-occupazione e trovare una nuova strada da percorrere. La ricerca non terminerà mai perché è sulle strade parallele alle principali che si trova “il bello”.

Sente di dire a un giovane artista, attore, o a un aspirante regista, il noto detto “Prendi l’arte e mettila da parte” oppure è ancora possibile in Italia, in questi anni, vivere d’arte senza scendere a compromessi con il “mercato”?

Non solo è possibile (non compromettersi) ma anche fattibile e il lavoro della Compagnia “Paltò Sbiancato” è qui a dimostrarlo, senza l’impiego di risorse pubbliche. Si è attori in nome e per conto di un sogno che gli attori non sono i soli a sognare – ha scritto qualcuno che la sapeva lunga.

 


Dettagli

  • Titolo originale: Lastre di ghiaccio

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