Dall’ omonima opera teatrale con cui Tracy Letts vinse il Premio Pulitzer nel 2008, arriva nelle sale italiane I segreti di Osage County, adattato per il cinema dallo stesso Letts (tra i cui successi passati si ricorda Killer Joe). Il regista John Wells si affida ad un cast importante, trainato da una Meryl Streep che non delude mai, neanche quando le pagine da recitare si rivelano poco entusiasmanti, come in questo caso; ad accompagnarla in una storia familiare ambientata nelle grandi prairies americane, una notevole Julia Roberts.

Quando il signor Weston sparisce di casa, la moglie Violet (Steep) chiama a sé tutta la famiglia e le tre figlie Barbara (Roberts), Karen (Juliette Lewis) e Ivy (Julianne Nicholson), quest’ultima l’unica realmente vicina alla madre nella sua lotta contro un cancro alla bocca.

Il rapporto tra Barbara e la madre si configura da subito come una lotta di forza, un vero e proprio scontro verbale e fisico che esplode in certi punti come valvola di sfogo ai rispettivi problemi personali e alle proprie frustrazioni: Barbara, infatti, deve fare i conti con la fine del suo matrimonio con Ewan McGregor e con la figlia quattordicenne Abigail Breslin che si sente già grande; dall’altra parte Violet porta con sé segreti di tutta una vita che aspettano solo l’occasione giusta per essere rivelati. Pur nel delirio dei farmaci anestetici, Violet non perde la tenacia e l’intransigenza che le permettono, fino ad un certo punto, di controllare la sua famiglia, ma i sentimenti di ciascuna delle tre figlie (in particolare quelli di Ivy e Karen) cozzano inesorabilmente con la mentalità utilitaristica della madre.

La scrittura di Letts risente indubbiamente dell’impostazione teatrale in cui la narrazione procede per importanti escalation di tensione in scene statiche, come quelle bellissime che si svolgono a tavola (immagine non a caso riportata sulla locandina del film), e per duetti tra protagonisti necessari per disinnescare le informazioni cruciali. In questo caso, i segreti di cui parla il titolo emergono all’improvviso come pugni allo stomaco, quando i personaggi meno li aspettano, e su quelli si basa l’arco drammatico della storia; ma quando regna la quiete, il film si siede inevitabilmente su scene dall’emotività forzata e poco sentita. I tempi della storia, insomma, risultano troppo pigri per il cinema, al quale non bastano le intense performance degli attori, peraltro innegabilmente capaci.

Nulla da eccepire alla camera di Wells, che indugia sulle espressioni facciali dei protagonisti e sfrutta abilmente le angolazioni laterali e le prospettive per spiare le reazioni di ciascuno, per quanto il suo lavoro non riesca purtroppo a elevare ulteriormente il tutto.