Cinema

Il Settimo Sigillo: L’esperienza restaurata

Valentina Esposito

Il capolavoro universale di Ingmar Bergman torna a giocare a scacchi con la morte in un’edizione DVD restaurata a cura della Cineteca di Bologna

Ritorna dal 27 Dicembre in un’edizione restaurata e non censurata, uno dei più grandi film del maestro Ingmar Bergman: Il Settimo Sigillo è il lascito più grande e straordinario che il regista svedese ci ha lasciato tra i suoi lavori, insignito del Premio Della Giuria alla 10ª edizione del Festival di Cannes. Il Film arricchisce la collezione “Bergman Collection”, curata dalla Cineteca di Bologna e prodotta da Bim e QMedia, distribuita in home video da 01 Distribution e Rai Cinema.

Perfetto, simbolico, umano e sconvolgente per la sua universalità, ma sfuggente da qualsiasi risposta agli interrogativi della vita. E’ tragico, tinto di peste, disperazione e superstizioni il medioevo della Scandinavia e ognuno cerca di sopravvivere come meglio può: il cavaliere Antonius (Max von Sydow) si gioca la sua vita in una partita a suon di sottili battute e confessioni con la Morte, mentre qualcun altro, lì fuori, si lascia persuadere dai riti della chiesa a liberarsi dai peccati per sconfiggere l’apocalisse. C’è però anche chi gode degli ultimi piaceri della vita, come un gruppo di teatranti itineranti circondati dall’amore della famiglia e degli amici, vivendo di spettacoli e piccole gioie. E’ così che si incontrano due mondi diversi, quello di Antonius con la Morte  a camminare alle sue spalle e quello dei due saltimbanchi Jof e Mia, interpretati teneramente da Nils Poppe e Bibi Andersson, che guarda con disincanto, fede e amore ad una terra che appare vuota e distante ad Antonius.

Ne Il Settimo Sigillo vi è tutto l’universo, ma anche tutto Bergman. Nato da una piéce teatrale dal titolo Pittura su legno, questo capolavoro geniale, trova natali in un momento molto lontano che appartiene all’infanzia di Bergman. Galeotto fu un dipinto all’interno di una chiesa medievale, che sconvolse e pose dinanzi a Bergman i dubbi, le paure e le questioni che circondano la vita dell’essere umano.

“Quando l’agnello aprì il settimo sigillo, nel cielo si fece un silenzio di circa mezz’ora e vidi i sette angeli che stavano dinnanzi a Dio e furono loro date sette trombe”, è così che si apre il film. La frase tratta dall’Apocalisse di Giovanni ci presenta la Morte, teatralmente incarnata da un indimenticabile Bengt Ekerot, che fredda e nera appare puntuale e fiera. Tra i complimenti elargiti al Settimo Sigillo, vi è sempre stato il sapiente e suggestivo uso di luci e ombre che offre un paesaggio senza tempo dove le scelte tecniche esprimono visivamente ora l’inquietudine e l’angoscia, ora la gioia e la tenerezza. L’ingenuità di Jof e Mia, lo scetticismo e la paura di Antonius, il materialismo dello scudiero (Gunnar Bjornstrand) e gli imprevedibili istinti di sopravvivenza della folla ritraggono le sfumature di un’umanità variegata, ma accomunata dal crudo destino della morte. Per tutto il film Antonius diventa colui da cui attendiamo una risposta: viviamo con lui, ci impossessiamo dei suoi pensieri e delle sue parole, tifiamo per lui in attesa di scoprire la sua verità.

Ma Bergman è cresciuto tra dubbio e fede: un bene che ha permesso al maestro di esprimersi artisticamente, e di dare un senso a quell’orrore, a quella crudezza e dispersione che aveva provato dinanzi a quel dipinto, in cui profeticamente era già scritto il suo capolavoro.

Il Settimo Sigillo lascia dubbi ma non disorientamento: c’è un desiderio nascosto nel film che è quello di portare ciascuno spettatore all’interno di un personale percorso spirituale, proprio perché la religione che si è sempre fatta bibbia di risposte, tuttavia non offre certezze e prove. Antonius che confessa alla Morte di voler toccare e vedere Dio, perché ha bisogno di credere in lui ma non vi riesce senza la concreta possibilità di vederlo dinanzi ai suoi occhi e interloquire con lui, fotografa impeccabilmente i dubbi irrisolti del connubio Dio/Io.

Verso la fine del viaggio di Antonius c’è però una luce, un segno tangibile che se non dal cielo arriva dallo scorrere della vita: la consapevolezza che i sacrifici, i gesti umani grandi e preziosi riservano sempre una sorpresa, un senso inaspettato da custodire segretamente, e che forse sarà chiaro e distinto solo alla fine del viaggio. E questa è una lezione donata dalla vita, e dai meandri dell’esperienza umana: è la testimonianza, lo specchio che l’artista, osservatore sensibilissimo e incantato, offre al suo pubblico.

Bergman diceva: La nostra paura può essere di generi diversi, ma le parole per descriverla sono sempre le stesse… e i nostri quesiti universali permangono. La nostra domanda rimane. Un pensiero ed una filosofia che è riuscito a trasformare in uno stile ed un marchio di fabbrica, segnando tecnicamente e poeticamente la storia del cinema.


Dettagli

  • Titolo originale: Det sjunde inseglet
  • Regia: Ingmar Bergman
  • Fotografia: Gunnar Fischer
  • Musiche: Erik Nordgren
  • Cast: Max von Sydow, Gunnar Björnstrand, Gunnel Lindblom, Bengt Ekerot, Bibi Andersson, Nils Poppe, Inga Gill, Maud Hansson, Inga Landgré, Bertil Anderberg
  • Sceneggiatura: Ingmar Bergman

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