Arti Performative Focus

“Resistenza e sogni” di donne, nel Teatro di Nascosto di Annet Henneman

Valentina Solinas

Al Teatro Lux di Pisa è andato in scena un monologo di “teatro reportage” sugli ultimi viaggi della performer Annet Henneman in Iraq e Palestina, tra aprile e maggio del 2016

Annet Henneman si presenta al pubblico nella sua semplicità: i piedi nudi, la voce dolce macchiata dall’accento straniero, chiede ai presenti di sedersi nei primi posti della sala per creare una atmosfera più intima, si siede sull’orlo del proscenio, e introduce lo spettacolo che reciterà fra qualche minuto al Teatro Lux di Pisa.

Il suo monologo Resistenza e sogni andato in scena il 29 ottobre, è una trama di ricordi delle ultime esperienze di viaggio in Oriente, nei luoghi colpiti da guerra e povertà.

Nell’antica Grecia lo scopo dell’arte performativa era di unire la comunità, e fornire ai cittadini un esempio comportamentale alto, mettendo in luce attraverso la commedia le scelte discutibili dei personaggi politici. Il passare del tempo ha evoluto il teatro nella forma e nella tecnica, ma le rivoluzioni storiche non hanno eliminato ciò che da sempre giustifica l’esistenza dell’arte performativa: la comunicazione.

Per questo l’arte teatrale annovera varie tipologie di teatro impegnato, e da qualche tempo ha preso vita il Teatro Reportage, unione perfetta tra contenuto e forma, che rivendica a pieno l’utilità dell’esistenza teatrale. L’arte non pretende di sostituire l’informazione in tempo reale, sempre presente grazie ai progressi tecnologici dei dispositivi mobili, tuttavia, la comunicazione performativa è inevitabilmente diretta e sincera, in grado di trasportare lo spettatore direttamente nel cuore della questione, coinvolgendolo emotivamente: durante lo spettacolo è come se allo spettatore si aprisse una finestra sul mondo, e Annet Henneman lo incarnasse per lui, per una sera.

Nella prima parte del suo monologo trasporta il pubblico in Iraq. La vediamo interpretare una donna del popolo, una madre di tre figli avvocati che spiega come una donna può essere oppressa nella sua stessa casa, dai suoi figli intenzionati a vietarle ogni tipo di passatempo che potrebbe opporsi ai precetti della cultura islamica. L’Henneman riporta la spontaneità di una donna che confessa di passare un po’ di tempo con le amiche a guardare le fiction americane, quelle “vietate” perché includono scene passionali.

È credibile Annet, olandese di nascita e toscana d’adozione, mentre trasmette la tristezza della donna irachena che racconta la povertà del suo paese dopo gli attacchi dell’ISIS. Anche lei, infatti, ha vissuto accanto ai cittadini iracheni e li riporta in scena usando l’equilibrio di un’interpretazione sentita, non imitata, un po’ in continuità con i principi di Grotowski, perché se è vero che i personaggi di Annet non nascono dal processo di svelamento del corpo e della psiche, come nelle teorie del maestro, restituiscono però un effetto di autenticità e di naturalezza; come quando ricrea la speranza del popolo iracheno attraverso gli studenti, e si trasforma via via nei ragazzi e nelle ragazze che fantasticano il proprio avvenire come i giovani occidentali.

La seconda parte è dedicata alla Palestina, e i toni sono quelli della disperazione. Nuovamente Annet sceglie la figura di una casalinga per raccontare la fame, la povertà, il disagio e la costrizione in cui vivono i palestinesi e, per prime, le loro donne: ragazze che sognano di studiare all’estero per costruirsi un futuro di libertà, e restano in Palestina perché le stesse madri e nonne tengono più alla resistenza contro Israele che al futuro delle giovani.

Il racconto della Henneman articola la narrazione con l’interpretazione diretta, così il pubblico vive la tensione, la paura e la rabbia del popolo palestinese quando l’artista racconta di trecento soldati israeliani che invadono i container in cui si nascondono donne e bambini.

Lo spettacolo si chiude con una nota di positività, lasciando al pubblico l’immagine dell’amore per la vita e per la cultura autoctona del popolo palestinese. Annet Henneman, come fosse ella stessa rappresentante di una categoria, quella femminile del popolo palestinese, invita il pubblico a cena, elenca i piatti tipici che saranno preparati, e si esibisce in una danza tipica affiancata da un’ospite della Palestina in esilio da quarant’anni.

Cala il volume della musica, e la Henneman vieta gli applausi; «non è il caso» dice, come per negare la prestazione artistica e proiettare subito il pubblico verso la riflessione.

Nata a Velsen, Annet Henneman inizia il suo percorso teatrale in Olanda, dove apprende le tecniche di Jerzy Grotowski e Ryszard Cieslak, in seguito lavora in Polonia, Germania e Italia, dove fonda con Armando Punzo l’associazione culturale Carte Blanche, che lascia dopo otto anni di lavoro con la compagnia della Fortezza, per dedicarsi al suo Teatro di Nascosto (Hidden Theatre). Il gruppo è costituito da attori internazionali, soprattutto di provenienza mediorientale, e ha sviluppato la forma di Teatro Reportage per raccontare storie vere di persone che non hanno voce, che vivono le conseguenze della guerra, l’oppressione o la povertà assoluta.


Dettagli

  • Titolo originale: Resistenza e sogni
  • Regia: Annet Henneman
  • Anno di Uscita: 2016
  • Cast: Annet Henneman
  • Altro: Teatro di Nascosto – Hidden Theatre – / Tournèe del monologo – “Resistenza e Sogni”


Altro

  • Testo: Annet Henneman
  • Visto il: Sabato, 29 Ottobre 2016
  • Visto al: Teatro Lux, Pisa

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