Arti Performative

Ferrara Off // Venti mesi

Pietro Perelli

Il 27 gennaio 1945 i soldati russi entrano nel campo di concentramento di Auschwitz. Quel giorno e quel campo sono orami diventati simbolo, nella memoria collettiva, della brutalità e del male di cui l’umanità è capace. Per celebrare questa giornata Ferrara Off ha deciso di mettere in scena una lettura di Venti mesi di Renzo Segre, interpretato da Giulio Costa e con la partecipazione di Margherita Mauro nella selezione dei testi. In questo diario l’autore racconta come lui e la moglie siano riusciti a salvarsi dalla deportazione nazista durante gli anni della Repubblica di Salò e del fondamentale aiuto che gli fu dato da Carlo Angela (padre del noto Piero) direttore di una clinica psichiatrica nella quale si nascosero, oltre ai Segre, altri perseguitati. Il libro, pubblicato postumo nel 1995, si apre con una prefazione di Anna Segre (figlia di Renzo e curatrice della pubblicazione) che oggi appare profetica quando ricorda come «il dovere di testimoniare è diventato per me un imperativo morale in tempo di revisionismo storico e legittimazione di nuovi fascismi. Pensare che anche questa piccola storia possa aggiungere una goccia di conoscenza di quei tempi, mai completamente finiti, ha costituito per me l’incitamento determinante a tirare fuori dal cassetto della mia memoria lo scritto di mio padre».

Giulio Costa in “Venti mesi”. Le foto di scena sono di MANTOZ, compresa quella di copertina dell’articolo.

Quando Giulio Costa entra in scena lo attendono una sedia e una scrivania con sopra appoggiate le pagine del diario. Entra in punta di piedi, un piccolo cenno verso il pubblico e lo sguardo diretto a quei fogli sopra la scrivania e veri protagonisti della messa in scena. L’attore è un canale, un mezzo, un ponte tra testo e pubblico. L’inizio è un po’ incerto, il peso e la responsabilità della lettura di queste pagine cariche di emozioni è evidente e sembra un macigno sulle spalle di chi recita. È però un macigno fragile che si sgretola a mano a mano che la pièce prosegue trasportando il pubblico e attore dentro un flusso di parole che raccontano non solo la tragicità ma anche i momenti di svago che Renzo Segre e sua moglie hanno potuto vivere in quei cinquecento giorni. Si racconta dell’angoscia provata durante gli interminabili momenti di un’ispezione e delle gare di velocità fatte fare ai vermetti trovati nelle razioni del cibo, del bombardamento punitivo sul paese fatto dalla Luftwaffe e del sollievo provato nel sapere che i propri cari sono in salvo. Sono emozioni ed esperienze impossibili da immaginare per chi non le ha vissute, impossibile mettersi nei panni di chi era presente. Uno stralcio del diario, riportato nel foglio di sala, ricorda che «pur colla sua fervida fantasia, Dante per i suoi dannati non ha immaginato una simile pena: attesa per sé e per i propri cari di un male atroce, eppure noi che questa pena abbiamo subito, possiamo dire che non è inferiore ad un sopportabile male in atto».

Lavori come questo possono aiutare a non dimenticare la tragedia del nazi-fascismo anche se, come sostiene Elena Loewenthal in un intervista rilasciata a Radio Capital, nonostante l’importanza della memoria, non risiede solo in essa la speranza che di queste tragedie si possa continuare a parlare solo al passato.

 

Spettacolo andato in scena sabato 27 gennaio
in occasione del Giorno della Memoria

VENTI MESI

di Renzo Segre
con Giulio Costa
selezione dei testi Margherita Mauro
con il patrocinio del Comitato provinciale 27 gennaio – Ferrara



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