Arti Performative

Deflorian/Tagliarini // Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

Marcella Santomassimo

Teatro di Roma rende omaggio al duo romano composto da Antonio Tagliarini e Daria Deflorian con la riproposta dei loro capolavori dal 2008 a oggi, recentemente pubblicati da Titivillus Edizioni sotto il nome di ‘Trilogia dell’Invisibile’.

Ciò che distingue il lavoro di Antonio Tagliarini e Daria Deflorian dalla miriade di spettacoli prodotti dalle compagnie che incentrano la loro ricerca sulla sperimentazione di nuovi linguaggi teatrali è l’attenzione alle storie. I momenti dei loro spettacoli potrebbero essere fotografie scattate qui e ora, in grado di rompere il confine tra fotografo e oggetto, il quale viene scomposto in ogni sua più piccola parte dando vita a tanti rami, tanti nodi non dispiegati ma esposti, ragionati, a tentativi, vie di fuga. Così avviene che frammenti della vita dei quattro performer in scena si vadano ad unire con la storia di quattro pensionate greche, che soffocate dalla crisi economica che mette in ginocchio il loro paese, decidono di togliersi la vita insieme. «Abbiamo capito che siamo di peso allo Stato, ai medici, ai farmacisti e a tutta la società. Quindi ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni. Risparmierete sulle nostre quattro pensioni e vivrete meglio». Così spiegano in un biglietto.

Non una storia realmente accaduta ma un’immagine tratta dal romanzo L’Esattore di Petro Markaris, talmente forte che non si può rappresentare, per farlo bisognerebbe che quell’immagine squarciasse il tetto del Teatro come una pietra e piombasse sul palcoscenico in tutta la sua grandezza e complessità. Se tutto questo non può accadere, Daria, Antonio, Valentino e Monica decidono allora dire “no”. Non hanno intenzione di procedere alla rappresentazione e Daria si fa portavoce di questa negazione, andando controcorrente rispetto al modo di fare della nostra Società della Stanchezza come l’ha definita il filosofo Byung–Chul Han, pregna di eccesso di positività. Bisogna invece imparare a dire di no, a non cercare sempre di vedere il lato positivo delle cose, a non accontentarsi. Un rifiuto che però non è netto, totale, ma un punto di partenza per esporre e sciogliere tutti i dubbi scaturiti dal tentativo di immedesimazione nelle quattro casalinghe greche.

L’illusione dell’improvvisazione è una delle caratteristica dei lavori del duo romano ma nulla è lasciato al caso. Tutti i momenti sono studiati con una precisione maniacale. In scena inizialmente solo tre sedie, che compaiono in quasi tutti i loro spettacoli, cardine di un teatro dialogico, spostate e rispostate in maniera funzionale. Una perfezione scenica che trasuda da ogni particolare: da ogni singolo movimento al design delle sedie, alla musica rebetika che proviene dal cellulare, ai costumi di scena, anch’essi apparentemente casuali, ma che si sposano perfettamente l’uno con l’altro e con l’ambiente circostante. In scena solo quello che serve, via il superfluo, via la rappresentazione.

Il Teatro è l’ultimo dei posti in cui bisognerebbe disperarsi, bisognerebbe agire, e Antonio decide di farlo. Si copre di nero, si sposta sul fondo ma l’azione performativa, metaforica, non riscuote il successo voluto. E’ troppo. Meglio aspettare che tutti siano pronti per coprirsi di quel nero di lutto, per le quattro casalinghe, per la società greca, per quella italiana. Non un’immagine di protesta politica quella che ne viene fuori, a cui i loro lavori non ci hanno abituato, ma un’immagine poetica che gela le coscienze. Antonio Tagliarini, Daria Deflorian, Valentino Villa e Monica Piseddu compiono la loro unica azione armati di parrucche e tessuti neri che coprono gli oggetti che li circondano e le loro persone che solo in un momento finale si annullano per fare spazio ad un’immagine, forse quella che sarebbe dovuta piombare come una pietra all’inizio dello spettacolo in tutta la sua grandezza e complessità ma che non era ancora pronta per farlo.

Teatro di Roma rende omaggio con La Trilogia dell’invisibile (che comprende i loro lavori dal 2008 ad oggi: Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni, Reality e Rzeczy/cose, e Rewind – Omaggio a Cafè Müller di Pina Bausch) a questa coppia di artisti e ai loro spettacoli portati in scena in Italia e all’estero, pregni di una drammaturgia che si può definire senza dubbio nuova, sperimentale. Un teatro che non solo butta dalla finestra la quarta parete e nega la rappresentazione, ma che non si accontenta e rischia, si spinge oltre e dà vita a dei lavori che senza dubbio rimarranno nella ricerca d’identità artistica del nostro secolo. Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni era già stato presentato in forma di studio (da noi recensito qui: http://www.scenecontemporanee.it/arti-performative/tagliarini/deflorian-ce-ne-andiamo-per-non-darvi-altre-preoccupazioni-344) al Teatro India nell’ambito del progetto Perdutamente e ha poi debuttato nel 2013 al Teatro Palladium, co-realizzato con il sostegno della Fondazione Romaeuropa


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  • Titolo originale: Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

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