Cinema

Un mostro dalle mille teste: l’uomo in lotta con l’Idra

Fausto Vernazzani

Cineclub Internazionale porta in Italia in distribuzione limitata Un mostro dalle mille teste, piccolo thriller sociale dal Messico.

Has anybody seen Sam Lowry? è un urlo che straccia l’ufficio del distopico Brazil, è Ian Holm in fondo alle note e alle macchine da scrivere che compongono il brano The Office di Michael Kamen. Sperduto nella falsa utopia del caos ordinato della burocrazia, Sam Lowry è l’uomo comune frantumato in mille pezzi dai dati e le informazioni che ne compongono l’intera esistenza. L’incubo stravagante e futuristico di Terry Gilliam è il ritratto di una impietosa piaga contemporanea, rappresentata con colori sempre più spenti e immagini strette alla realtà a tal punto da essere dolorose soltanto a sentirle e guardarle.

Il regista di origini uruguayane Rodrigo Plá siede nelle ultime inflessioni di questo filone, agganciandosi al cinema di denuncia sociale, in particolare quello contro le ingiustizie del sistema sanitario. Un mostro dalle mille teste può da subito far pensare a John Q di Nick Cassavetes, la distanza è però abissale. Plá, formatosi in Messico, aderisce agli stilemi sinistri e spietati del realismo appartenente al cinema del paese che ha dato i natali a Alejandro González Iñárritu, Alfonso Cuarón e Gerardo Naranjo: la vita sulle strade, della classe media, è schiacciata dalla corruzione, da uno stato sventrato nei suoi doveri sociali.

Il sensazionalismo è al di là del confine, l’incubo burocratico il vicino di casa. Il mostro dalle mille teste è in questa situazione AltaSalud, un’agenzia di assicurazioni sanitarie con orecchie da mercante quando si tratta di sentire le esigenze di una famiglia della classe media: il padre sta morendo di tumore e sua moglie non ha alcuna intenzione di arrendersi ai tempi della burocrazia. Armata di pistola, la protagonista Sonia Bonet (un’intensa Jana Raluy) trascina suo figlio Dario (Sebastian Aguirre) in un epico scontro con l’Idra cartacea, s’immerge nel dedalo del Minotauro, una firma alla volta, nella speranza di salvare il marito.

La mitologia di Un mostro dalle mille teste è nel titolo, nel rimando agli orrori mostruosi confinati ai racconti orali, trasformati in realtà dalla burocrazia. Un gigantesco mostro che Gilliam vide incarnato nel Samurai contro cui Sam Lowry combatté nelle sequenze oniriche, Plá invece lo incarna nella sua Sonia, vittima e carnefice allo stesso tempo: non ha pietà del prossimo, la società l’ha trasformata nel suo nemico più grande. È un film che nei suoi 75 minuti cancella la narrazione, i volti importanti come Emilio Echevarria, Daniel Giménez Cacho e Noé Hernandez sbiadiscono dentro un’opera che trasmette idee, non storie.

Il realismo, affrontato con questo spirito, paradossalmente riduce la storia a un singolo messaggio, i suoi protagonisti divengono così reali da oltrepassare la fase di identificazione e tirarci senza invito dentro la pellicola. Danis Tanović riuscì nello stesso scopo con An Episode in the Life of an Iron Picker, dove il dilemma dell’assicurazione sanitaria sfregiava senza possibilità di scampo la vita dei due protagonisti, peraltro interpreti di sé stessi in una storia che li ha visti davvero in prima linea. Lo stile messicano però si presenta come superiore e meno come un semplice esercizio di stile, da mero ospite festivaliero.

Film come Miss Bala e Un mostro dalle mille teste, entrambi in corsa agli Oscar nei rispettivi anni per la categoria di miglior film straniero, sono osservabili a 360 gradi come lo furono gli esordi di Iñárritu e Cuarón: esempi di vita in un paese martoriato dall’alto e dal basso. Fue el estado è l’accusa portata da amici e familiari dei 43 studenti di Iguala, scomparsi nel 2014 dopo una notte violenta di scontri a fuoco in cui era coinvolta persino la polizia. La corruzione è così radicata nell’immaginario messicano da essere permeata nell’humus cinematografico sotto forma di mostri. Guillermo Del Toro la traduce letteralmente così.

Ecco perché il film di Rodrigo Plá andrebbe esaminato sotto un’ottica più ampia dei suoi soli 75 minuti, dell’etichetta di film di denuncia sociale, è parte di un progetto che inconsciamente accomuna molti autori. Un mostro dalle mille teste è cinema messicano, un tassello importante con cui osservare una nazione vivere e metabolizzare il proprio dolore, un paese che non riesce a separare il passato, il presente e il futuro perché pare non vedere via di scampo. Il figlio di Sonia, Dario, non è esente dal testimoniare alla disperazione che lo circonda, la sua musica punk e le cuffiette non sono sufficienti a separarlo dalla realtà. Può urlare “non voglio” quanto desidera, ma suo malgrado la realtà verrà a chiedere il conto alla sua porta.


Dettagli

  • Titolo originale: Un monstruo de mil cabezas
  • Regia: Rodrigo Plá
  • Anno di Uscita: 2015
  • Genere: Thriller
  • Fotografia: Odei Zabaleta
  • Musiche: Leonardo Heiblum, Jacobo Lieberman
  • Costumi: Malena De la Riva
  • Produzione: Messico
  • Cast: Jana Raluy, Sebastián Aguirre, Hugo Albores
  • Sceneggiatura: Laura Santullo

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