Arti Visive

Helmut Newton, la realtà metafisica

Antonello Trezza

Attraverso le tre monografie del fotografo tedesco, un percorso che induce lo spettatore a scavare oltre l’immagine in cerca della realtà.

Artisti, turisti, appassionati di fotografia o semplicemente amanti del bello, affrettatevi! Inizia oggi, infatti, l’ultima settimana (21 Luglio termine ultimo) della mostra dedicata al fotografo Helmut Newton, al Palazzo delle Esposizioni, col patrocinio della Helmut Newton Foundation e Roma Capitale.

Nato nel 1920 a Berlino, Newton, dopo la Grande Guerra, lavora per le più importanti riviste di moda; da Vogue a GQ, da Elle a Vanity Fair.
Colo suo stile caratterizzato da un erotismo patinato, con tratti sado-masochistici e feticisti, il fotografo tedesco, più d’ogni altro, è riuscito ad immortalare la bellezza del corpo femminile, cristallizzandone la grazie a la sinuosità delle forme in un singolo scatto.

Nella mostra romana, coordinata da Mathias Hardes, vengono esposte circa duecento opere che ripercorrono i momenti salienti della carriera di Newton. Il titolo, “Helmut Newton: White Woman/Sleepless Nights/Big Nudes”, riprende i tre volumi monografici pubblicati negli anni Settanta e Ottanta che lo hanno consacrato all’olimpo della fotografia del XX secolo.

In White Woman (1976), l’artista tedesco porta il nudo nell’estetica fashion ottenendo immagini così sorprendenti e provocatorie da rivoluzionare il concetto stesso di fotografia di moda, fino a farsi testimonianza della trasformazione del ruolo della donna nella società occidentale.
Anche Sleepless Nights (1979), è incentrato sulle donne, i loro corpi e sui loro abiti. Qui la fotografia di moda si trasforma progressivamente in ritratti, prima, e in reportage di cronaca, poi. Il volume è più retrospettivo ed è quello che definisce definitivamente il suo stile. Ma è Big Nudes (1981) il suo lascito maggiore. Nella monografia le sue modelle vengono ritratte fuori dallo studio, per strada, spesso in atteggiamenti sessualmente espliciti, a suggerire un uso della fotografia di moda come semplice pretesto per realizzare qualcosa di originale e personale.

Gli scatti della mostra, scelti dalla moglie June, oltre a mostrare quella rivoluzione newtoniana dove l’artista, in un’epoca in cui imperversava nell’arte la filosofia dell’azzeramento emotivo, ricongiungeva la fotografia alla sua natura primigenia (pura mimesis), palesa anche la capacità fondamentale di Newton. Il suo occhio era in grado di scandagliare la realtà e di intravedervi, nascosta dall’eleganza delle sue stesse immagini, un’ambiguità di fondo in cui erotismo e morte non sono altro che due aspetti della stessa ricerca di verità. Una ricerca che va al di là di ogni convenzione, costruendo una storia in cui l’attenzione estrema allo stile, la scoperta del gesto elegante, suggeriscono l’esistenza di un’altra realtà, forse metafisica. Allo spettatore la sentenza finale.



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