Arti Performative

TestaccioLab // Vanessa

Gertrude Cestiè

La trasposizione teatrale di un racconto, dedicato per sua natura alla lettura, non sempre si rivela un’operazione facile. E infatti, Vanessa, per la regia di Vittoria Faro, tratto da un racconto inedito di Antonio Amoruso, andato in scena al Teatro Sala Uno di Roma, non riesce troppo bene nell’impresa.


 

La trasposizione teatrale di un racconto, dedicato per sua natura alla lettura, non sempre si rivela un’operazione facile. Dalla riuscita finale della rappresentazione ne dipende forse anche il valore dello stesso testo di partenza.

Vanessa, uno spettacolo con Martino Duane, Giulia Tomaselli, Ivan Giambirtone e Vittoria Faro, propone un adattamento teatrale dell’omonimo racconto inedito di Antonio Amoruso.

Il racconto attraversa le tematiche dell’immigrazione, del razzismo, dell’integrazione razziale e dell’amore in senso più vasto. Il Signor C, protagonista del racconto, uomo completamente dedito al lavoro e alla carriera, tra gli ideatori di una delle più controversie leggi sull’immigrazione, subirà un lento cambiamento di prospettive in seguito all’incontro con una giovane e travolgente ragazza, Vanessa.

Il racconto per la sua tematica e la natura del suo sviluppo potrebbe avere un buon principio di suspence e risultare ben costruito in alcuni dettagli che lo assimilano e avvicinano a molti generi letterari: dal racconto rosa, al giallo fino al thriller. Il testo, inoltre, ha sicuramente una natura sociale e politica oltre che antropologica e si presterebbe con successo ad essere usato nei dibattiti odierni sulle politiche dell’immigrazione.

L’operazione teatrale in sé, effettuata da Vittoria Faro, però, rimane leggermente artificiosa innanzitutto per lo stile prettamente cinematografico e fumettistico che la domina. La riduzione e l’adattamento fanno perdere al racconto quegli indizi per la comprensione che il testo vorrebbe e dovrebbe invece fornire. Le scelte estetiche e scenografiche, molto incentrate su uno stile cinematografico, più di impatto visivo e formale che di sostanza reale, tolgono probabilmente potenza alla storia narrata che risulta infine poco incisiva e caratterizzante. E, soprattutto, parte del senso e del messaggio che lo scrittore ha voluto lanciare con il suo testo si perde tra l’atmosfera artificiosamente rarefatta che lo spazio scenico mostra. In scena, purtroppo, si ha spesso l’impressione di trovarsi di fronte a un qualcosa che deve essere spiegato e descritto in seguito. Ci si sente smarriti, ma non per quell’effetto scuotente ed essenziale che a volte il teatro ci concede. Ciò che smarrisce è altresì la storia nel suo insieme, poco articolata nella sua resa scenica e con i suoi personaggi non approfonditi e non declinati a sufficienza per una comprensione degna di tale nome. Non è un caso che a fine rappresentazione l’autore si sia trovato a dichiarare ed esplicitare il senso generale della vicenda, nonché il significato intrinseco dei quattro personaggi. Questo ha di certo sconcertato e disatteso le aspettative – quelle del gusto teatrale se non altro – che erano riposte in questa operazione a cura dell’associazione culturale Testaccio Lab.

Ciò che non è stato deluso, però, è stato sicuramente l’impegno a favore di Amref Health Africa, a cui è stato interamente devoluto l’incasso delle tre serate in scena al Teatro Sala Uno. Grazie alla mission benefica lo spettatore si riscopre dopotutto rincuorato e conscio di una buona serata passata a teatro.

 


Dettagli

  • Titolo originale: Vanessa

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