Arti Performative

Intervista a Carrozzeria Orfeo: da ‘Animali da bar’ al progetto cinematografico di ‘Thanks for Vaselina’

Valentina Solinas

Carrozzeria Orfeo è stata fondata nel 2007 da Gabriele Di Luca, Massimiliano Setti e Luisa Supino (organizzatrice della compagnia), e ha all’attivo sette spettacoli. Nel 2009 lo spettacolo Sul Confine vince la quinta edizione del Premio Tuttoteatro.com Dante Cappelletti, nel 2010 con lo studio Tre brevi istanti tragicomici vincono il Premio alle Arti Lidia Petroni, e il 21 giugno 2015 vincono il Premio HYSTRIO – CASTEL DEI MONDI.

Animali da bar, andato in scena al Teatro Era di Pontedera dal 3 all’8 novembre, dal 13 al 15 novembre al Teatro India di Roma, tornerà in Toscana il 20, al centro artistico il Grattacielo di Livorno, e il 21 e 22 all’Excelsior di Firenze.

Ambientato all’interno di un bar cupo, semivuoto, dove gli unici clienti sembrano essere sei loschi personaggi pronti a sciorinare le loro angosce, aggredirsi tra loro, e a volte consolarsi quando la tensione diventa insopportabile, il plot di Animali da Bar di Carrozzeria Orfeo potrebbe essere descritto in poche frasi. Eppure lo spettacolo si caratterizza per una drammaturgia ricca di contaminazioni extra-teatrali, dal cinema alla fiction televisiva.

I contenuti sono forti, filtrati dalla costruzione scenica che tende al tragicomico, ma molto simile alla realtà, una comicità naturale che rompe un po’ il legame con i tradizionali sketch teatrali e rafforza l’uso del linguaggio televisivo. Fa ridere, ma non ispira una risata liberatoria e serena: si ride di un riso amaro, perché il grottesco dei dialoghi solletica la coscienza collettiva del pubblico italiano; Carrozzeria Orfeo riporta sul palco la miseria economica e umana che disegna una faccia dell’Italia troppo spesso rifiutata.

Abbiamo intervistato Gabriele di Luca per addentrarci nei meccanismi sottili della drammaturgia di Carrozzeria Orfeo, e cercare di fare chiarezza sull’esigenza della compagnia di toccare temi forti dalle sfumature comiche. Grazie alla disponibilità che caratterizza questo giovane artista, abbiamo avuto la conferma del prossimo progetto cinematografico della compagnia.

 

Animali da bar è uno spettacolo che presenta una struttura simile alla fiction e al cinema, si nota non solo dal montaggio scenico, ma anche molto dai dialoghi, come nel cinema si enfatizzano molto alcune espressioni volgari d’uso comune. Anche i vostri spettacoli precedenti sono ibridazioni tra teatro e cinema, cosa ti affascina del cinema e della televisione?

Innanzitutto penso che il teatro non riesca più a raccontare il quotidiano, ma non solo il teatro, anche il resto della produzione italiana, il cinema, la televisione … Quando guardo le fiction italiane, è tutta una marmellata melensa d’amore e di buoni sentimenti, ed io mi arrendo al fatto che siamo ipocriti. Non è così la vita. Gli autori, i registi, ma anche gli autori di serial americani ed europei, hanno una grandissima capacità di raccontare il quotidiano senza raccontarlo, narrano la realtà attraverso il filtro dell’arte. Lo scopo di Carrozzeria Orfeo non è didattico, a noi piace raccontare storie, mostrare che la nostra società è fatta di tanti elementi, naturalmente non ci piace raccontare il quotidiano solo attraverso gli schemi teatrali, perché questi linguaggi ci vanno un po’ stretti, ci piace sporcare il nostro teatro di altre forme narrative come il cinema, la televisione, la letteratura e il fumetto. Naturalmente questo ricade sul nostro modo di costruire la scena. 

Spesso quando parli del modo di fare spettacolo di Carrozzeria Orfeo, parli di attenzione al pubblico, di riuscire a portarlo a teatro. Secondo te come si porta il pubblico al teatro, su cosa deve puntare un artista?

Tutti i grandi autori hanno scritto della storia del loro presente, prima di tutto noi da loro impariamo la struttura della drammaturgia, ma soprattutto cerchiamo di fare come hanno fatto loro; come hanno fatto Shakespeare, Eduardo, Molière, che si sono assunti la responsabilità di parlare del loro presente. Parlare del nostro presente non è una cosa facile perché di solito quando si parla del quotidiano c’è sempre un grande misunderstanding; molti autori quando decidono di fare uno spettacolo sul presente parlano di Berlusconi, ma questi sono fatti, l’arte va al di là delle informazioni. Innanzitutto dobbiamo parlare dei luoghi frequentati anche dal pubblico, e ridare al teatro una dimensione culturale come si faceva un tempo, e anche di aggregazione. Un altro tipo di teatro tende invece a creare uno squilibrio troppo forte tra pubblico e artista, ossia l’artista capisce tutto quello che sta facendo e al pubblico non è dato capire, ci sono spettacoli che durano ore dove non si capisce nulla! Non parlano delle persone, e le persone di questo si stufano un pochino.

Spesso cerchi di edulcorare i tuoi testi usando molte sfumature ironiche che allentano la tensione, tuttavia restano sempre molto pessimisti nell’insieme; in Animali da bar spesso le battute più dure toccano a Swarovski/Paolo Li Volsi. La nostra società è bombardata da informazioni di cronaca e politica, e le notizie non sono quasi mai positive, non pensi che il pubblico possa sentire l’esigenza di uno stacco quando va a teatro? Perché secondo te, l’uso del tragicomico, ha portato visibilità alla compagnia?

Perché le fondamenta della storia del teatro si basano sul conflitto. Quello che ci succede tutti i giorni nella frenesia della vita: dall’amarezza, all’infelicità, è questo che ci interessa raccontare, ma raccontarlo come? Lo potrei raccontare attraverso i fatti, lo potrei raccontare, attraverso la tragedia, lo potrei raccontare usando il sentimento del contrario come ci ha insegnato Pirandello… Io lo racconto utilizzando la forza dell’ironia, è una forza altissima di speranza e di perdono dei personaggi, e poi non tutti i personaggi sono amari. I cattivi e i buoni sentimenti convivono, noi ci siamo staccati dalla retorica, da un teatro che cerca di passare i valori positivi, noi non cerchiamo di passare nessun valore. Vogliamo stabilire una comunicazione diretta con il pubblico, parlare di quello che abbiamo sentito. Tutti cercano la speranza alla fine, ma prima bisogna lottare, e così fanno anche i nostri personaggi.

Parliamo del progetto di trasformare il vostro spettacolo di maggior successo Thanks for Vaselina in un film, com’è nata l’idea? Da chi sarà prodotto il progetto?

L’idea è nata da un giornalista cinematografico che è venuto a vedere il nostro spettacolo, Maurizio Porro, e ha scritto un articolo sul “Corriere della sera”: «Surreale e metropolitana. La vaselina che il cinema dovrebbe subito copiare». Da lì abbiamo cominciato a informarci e a prendere contatti con i produttori nell’ultimo anno e mezzo, fino a che ho scritto un sceneggiatura tratta dal testo, e c’è stata una produzione che ha accettato di portare avanti il progetto.

Considerando il percorso fatto da Carrozzeria Orfeo dal 2007 a oggi, si può dire che stia andando molto bene, avete anche vinto il premio Hystrio – Castel dei mondi recentemente. Sinceramente parlando, se dovessi prospettare un futuro a una compagnia che si affaccia ora al mondo del teatro, che cosa diresti a proposito del teatro italiano?

Quello che posso dirti è che Carrozzeria Orfeo va molto bene, ma noi abbiamo preso la compagnia come se fosse un figlio. Se i nuovi vogliono arrivare a essere artisti tra quelli che girano di più in Italia come noi, dovrebbero lavorare innanzitutto per il pubblico, perché alla fine è il pubblico che fa la differenza. E anche per tutto quello che è il mondo della critica, degli operatori, che fanno parte di questo sistema, si deve lavorare verso il pubblico da una parte, e dall’altra verso tutto l’apparato promozionale e organizzativo. Quello che direi è: devi sapere che devi essere disposto sia a perdere sia a vincere la tua partita.

 



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