Arti Performative

Fortebraccio Teatro // Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi)

Gertrude Cestiè

Dopo l’intervista, ecco il racconto delle Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi) di Roberto Latini andato recentemente in scena al Teatro Vascello di Roma.


 

Come sono riusciti Roberto Latini e i suoi compagni di lavoro di Fortebraccio Teatro a dare corpo alle molteplici forme metamorfiche raccontate da Ovidio? Il poema, per vastità e varietà dei contenuti, risulta di per sé difficilmente riassumibile, figurarsi per una ripresa scenica. Chiaro è, però, che, nel testo, la metamorfosi resta la vera cifra della narrazione, la componente essenziale che dona coerenza e unisce ogni variabile. Nell’operazione teatrale messa in atto da Latini in Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi), invece, questa cifra sostanziale è certamente la chiave clownesca scelta per la resa dei personaggi che, nella loro forma, riportano ogni metamorfosi all’essenzialità. 

Un susseguirsi di quadri viventi e sguardi vividi donano corpo alle molteplici forme rintracciate da Latini sul terreno ovidiano: paradigmi, modelli, esemplari unici di qualcosa di universalmente riconosciuto. Assoli strazianti o folli orge del mondo prendono vita da un personaggio o da una vicenda mitica per costruire una complessità di visioni e suggestioni, organiche, eppure intrinsecamente parziali: un’idea giunge mentre un’altra passa il testimone del suo tempo per trasmutare in un’altra forma ancora. Un susseguirsi di immagini, figure clownesche e flash sonori, a cura di Gianluca Misiti che consegna un servizio esemplare alla costruzione scenica.

Voci, suoni e luci sono le latiniane “forme mutate in corpi nuovi” che dominano lo spazio teatrale così vivo grazie alla contrapposizione tra pieni e vuoti. Alla semplicità di una scena nuda ed essenziale si contrappone la pienezza delle figure che, con i colori dei costumi e i giochi di voce, la riempiono di vita, restituendo per immagini ogni battito di cuore, ogni sospiro, ogni traccia di dolore, ogni parola ripetuta.

Ciascun quadro scelto da Latini meriterebbe qualche riga, un tentativo di spiegazione o un racconto di visione, ma gli impulsi ricevuti non sono quantificabili dalla nostra mente che tenta di passarli al setaccio direttamente dalla loro origine primaria, la sede delle emozioni. Ci si affida, dunque, alla memoria del vissuto, all’esperienza di visione e alla sintesi che, a posteriori, ci si concede per assimilare i molteplici aspetti di un simile spettacolo. E si riesce solo a dire che dai quadri sembra risuonare un grido di aiuto, quel grido che accetta che non ci sia “nessun Dio” mentre nel peggiore dei mondi possibili – che assomiglia molto a quello odierno – si ricercano gli eroi. Questi non ci sono più o, forse, sono come spettri nel fumo del miraggio di coloro che, persi nel mare, vedono nell’avvicinarsi della striscia di terra l’ultima speranza prima della fine.

In conclusione, tra l’infrangersi e il ricostituirsi continuo dei sogni come le onde del mare del mondo, le forme mutate in corpi nuovi restano lì: chiare istantanee di un percorso confuso e incerto, ma sempre eterno, quello della vita che si genera e si distrugge per poi rigenerarsi ancora. Rassicurante sarebbe sapere che a ogni distruzione corrisponda una rigenerazione migliore, ma questo è solo l’effetto di una personale passione ed è detto che “le nostre passioni non son che l’effetto delle nostre illusioni”.


Dettagli

  • Titolo originale: Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi)

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