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Anselm Kiefer – Fugit Amor @ Galleria Lia Rumma, Napoli (NA)

Maria Ponticelli

Il 28 ottobre scorso, presso la sede napoletana  della Galleria Lia Rumma, è stata inaugurata la mostra dell’artista tedesco Anselm Kiefer, una personale il cui titolo è Fugit Amor. Kiefer, che torna a Napoli dopo l’ultima sua mostra dedicata alla scrittura e datata 2013, propone adesso un percorso espositivo intorno all’idea della fugacità dell’amore ma anche intorno alle sue origini che l’artista ricerca ed esplicita attraverso figure simboliche legate a un passato ancestrale, tema sempre presente all’interno delle sue opere.

Per questo lavoro che si sviluppa come una sorta di itinerario tematico, Kiefer si ispira all’omonima opera dello scultore francese Rodin: Fugit Amor, da cui prende in prestito il titolo. La scultura di Rodin fu inizialmente realizzata per “la Porta dell’Inferno”, opera ispirata all’inferno dantesco e mai portata a compimento, commissionata all’artista per l’ingresso del Musée des Arts Décoratifs di Parigi. Fugit Amor ebbe ben presto vita propria, indipendentemente dalla sua idea di collocazione finale, ed è stata successivamente realizzata in numerosi esemplari fino a diventare una delle opere maggiormente conosciute dell’artista francese. Nella scultura sono visibili due amanti nell’atto di afferrarsi per trattenersi l’un l’altro e resistere a qualche corrente intenta a trascinarli via e a separarli.

Kiefer, che sui lavori di Rodin sostiene di aver avviato una ricerca molto più simile ad una corrispondenza che ad uno studio, parte dalll’idea embrionale dell’amore ricercando tracce di esso nelle vicende ispirate all’Antico ed al Nuovo Testamento; nelle teche che ospitano le opere esposte si scorgono serpenti su terreni aridi che prefigurano visioni di solitudine e abbandono e ancora, attrezzi arruginiti sospesi per aria e  che trattengono un uovo – simbolo della vita in potenza di divenire – sottratto ad un nido come a voler palesare lo strappo di un’esistenza dalle amorevoli cure materne. L’amore quindi non solo come passione tra uomo e donna ma come sentimento che invade tutta l’esperienza dell’essere umano fino a diventare nostalgia di eterno, una tensione verso un’entità superiore, un Dio, capace di incarnare e giustificare questo moto perpetuo. E la ricerca di un amore superiore viene da Kiefer interpretata come un’ascesa, un non facile cammino ostacolato dai grovigli soffocanti delle vicende terrene e dalla finitezza della condizione umana; è ciò che si legge attraverso l’opera Sursum Corda, dove una figura femminile è accostata ad una scala forse nel tentativo di salirla o, più probabilmente, nell’atto della presa di coscienza della difficoltà connessa a un percorso di allontanamento dalla propria miseria.

La mostra accoglie il visitatore con una teca contenente un serpente nascosto tra spighe di grano dorato; Kiefer fa esplicito richiamo tanto alla religione giudaica e cristiana quanto alla mitologia che considera il serpente come l’incarnazione di una divinità femminile. Le spighe di grano nell’iconografia cristiana simboleggiano invece la rinascita; questa confusione tra storia e mito è dall’artista voluta perchè intesa come visione olistica del passato lontana da concezioni cronologiche e sistematiche.

Il percorso conduce quindi alle ultime sale dell’esposizione dove il commiato viene affidato alla riproduzione in piccola scala di una delle torri appartenenti a i sette palazzi celesti, una grande opera permanente e site-specific nata nel 2004 da un progetto di Lia Rumma per il museo Pirelli Hangar Bicocca di Milano. La torre in questione è l’ultimo approdo nel cammino di un sentimento dapprima concretatosi nella carne dell’uomo in tutta la sua caducità e fuggevolezza ed espresso infine in una dimensione verticale che trae ispirazione dal Libro dei Palazzi, un trattato ebraico del V secolo in cui viene indicato il cammino che l’uomo è tenuto a percorrere nella sua ricerca di Dio e nel suo avvicinarsi a Lui. Ed è per tale motivo che le installazioni (che nell’esposizione di Milano assumono grandi dimensioni)  sono realizzate con materiale in cemento armato e lamiere; le torri infatti rappresentano per l’artista non solo il desiderio di ricongiunzione con Dio ma anche il simbolo di una disgraziata tentazione umana di ergersi a divinità. Accanto alla torre, a conclusione della mostra, si scorgono due dipinti: Aino e Vainamoinen verliert Aino, opere ispirate ad un poema epico finlandese: Kalevala. Anche in queste opere pittoriche vengono richiamati temi religiosi, storici e mitologici che conducono il visitatore all’interno del percorso espositivo nato intorno all’idea di un sentimento che, secondo l’artista stesso, trapassa inevitabilmente l’uomo ma soprattutto lo abbandona.



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