Arti Performative

Andrea Cosentino // Esercizi di Rianimazione – reloaded

Renata Savo

Lo spettacolo di Andrea Cosentino su una scena disintegrata, un mondo metafisico in cui grazie a degli “esercizi” di semiotica gli oggetti acquistano sembianze e comportamenti umani

 

La scena è cosparsa al centro di oggetti raccolti insieme caoticamente. Sul retro, uno scheletro con un cappello; in primo piano, un manichino di cui resta soltanto un ironico deretano, sopra il quale poggia una statuetta della figura umana tipicamente dechirichiana. In proscenio, a destra, strumenti musicali: uno xilofono, un tamburo, un pianoforte. Per un attimo credo di aver sbagliato sala del Teatro Studio Uno, mi aspettavo di trovare almeno un baule, un palcoscenico semivuoto; se da lontano fossi riuscita a mettere a fuoco delle gambette staccate dal corpo di una Barbie, giocattolo onnipresente nelle creazioni di Andrea Cosentino, forse avrei intuito di essere nel posto giusto.

Indizi, resti di un “intero” che si nega di continuo, inafferrabile: l’ambientazione metafisica, un po’ macabra, e il sound creato da Francesco Leineri sono il giusto preludio per uno spettacolo che fa dell’enigma, dell’a-logico, una struttura compositiva dentro la quale diventano protagonisti gli oggetti rianimati da Andrea Cosentino; in quelli che definisce degli “esercizi” della durata anche di pochi secondi, ma somigliano molto, per fare un paragone assai contemporaneo, ai vines che spopolano il web, soprattutto certe fortunate compilation montate dagli utenti di Youtube. “Esercizi” in quanto sono degli “esperimenti” – riusciti – di comicità, frammenti responsabilmente incompiuti capaci di attivare qualcosa nel cervello che muove al riso senza sapere veramente perché: attraverso l’immaginazione, i silenzi, la parola che manca a completare una frase e l’assenza di una cornice che sostenga il senso del poco che viene detto. Eppure, appunto, si ride: sono forse, ancora, le espressioni clownesche, l’intelligenza con cui Cosentino prende in giro gli intellettuali che si pavoneggiano facendo uso nelle loro dissertazioni di una terminologia altisonante o il modo in cui esaltano l’estetica postmoderna che celebra il prodotto artistico sulla base del concetto, non del significato.

Proprio i significati, la scienza che li studia, sono strumenti d’indagine ribaltati in chiave ironica; con l’aggiunta di un naso da clown, per esempio, un cubo di spugna si trasforma in un piccolo viso espressivo; così, come per magia, davanti agli occhi dello spettatore un altro pezzo più piccolo assume automaticamente il significato di “figlio”; e visto che siamo a teatro, non c’è niente di meglio che far recitare alla madre e al figlio i personaggi della tragedia del figlio per antonomasia, Amleto.  

Il postmodernismo viene chiamato in causa prendendo di mira come in Not here, not now la performance art, ma anche l’arte dell’improvvisazione il cui ruolo all’interno delle tecniche compositive dei linguaggi contemporanei – dalle arti visive, al teatro, alla danza – è stato sottolineato fino alla nausea negli ultimi cinquant’anni. Come in Primi passi sulla Luna, inoltre, non manca un pizzico di autoironia, perché in questo spettacolo che sbeffeggia le avanguardie artistiche si attinge alle avanguardie stesse: al surrealismo, al dadaismo, lasciando che tutto venga descritto a livello sonoro dalla partitura eseguita dal vivo, a sua volta felice combinazione di oggetti di uso quotidiano e strumenti musicali, come nella musica “concreta”.

I vari motivi ricorrenti visivi e sonori, i richiami potenziali fra alcune scene, mai espressamente giustificati, fanno di questo lavoro una sorta di giallo irrisolto; non sai se più vicino all’estetica di David Lynch o al programma satirico televisivo Blob, oppure a nessuna delle due cose. Quello che resta, alla fine, è la piacevole sensazione di aver assistito a dei frammenti di intelligenza e umorismo sospesi in una dimensione dalla struttura semplicissima e fortemente “teatrale”, coerente con l’estetica pronunciata dalla scena, e in generale, espressione compiuta della vitalità del teatro di Andrea Cosentino, che da sempre sul palcoscenico riproduce un mondo disintegrato in cui le idee-cose sono seminate per incarnarsi, mutare forma e prospettiva nelle mani di un abile, dissacrante show man.


Dettagli

  • Titolo originale: Esercizi di Rianimazione - reloaded

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