Arti Visive Mostre

Alchemy @ Galleria Acappella, Napoli (NA)

Maria Ponticelli

Alchemy è il titolo della mostra che la Galleria Acappella di Napoli ospita fino al prossimo otto dicembre. Entrando all’interno dello spazio espositivo però ci si accorge ben presto che le esposizioni sono due, una racconta l’alchimia attraverso poche opere ma che ben rendono l’idea, l’altra consiste in un insieme di lavori di diversi artisti che non costituiscono un collettivo ma che provengono dalla stessa area geografica, l’Austria. Si tratta di Kamilla Bischof, Hélène Fauquet, Till Megerle, Evelyn Plaschg. La curatrice della mostra Melanie Ohnemus ha voluto mantenere il titolo originariamente pensato come approdo naturale di una personale ricerca, per poi decidere di arricchire di contenuti altri l’esposizione tralasciando l’intenzione di ricercare un trait d’union tra i due lavori. Adagiate sul pavimento quindi vi sono le cupole in vetro di  Hélène Fauquet sulle quali è possibile scorgere interventi risalenti ad un’antica tecnica utilizzata per trasformare il vetro in specchio; in alcuni il casi il lavoro risulta del tutto riuscito in altri meno e ciononostante tutti i pezzi sono entrati a far parte dell’esposizione proprio allo scopo di rendere adeguatamente l’idea dell’operazione sperimentale che vi è dietro. Accanto alle campane in vetro vi è un’ opera appartenente all’altro filone del percorso espositivo, si tratta di un lavoro di grafica firmato da Evelyn Plaschg. Da subito l’opera rivela una certa competenza dell’artista la cui formazione è in effetti attinente all’ambito degli studi in grafica; il suo lavoro risulta una sovrapposizione di immagini e segni che ella stessa produce operando poi un ingrandimento per la stampa;  al centro dell’opera un grosso smile ricorda molto il trend della grafica anni novanta. A Evelyn Plashg è attribuito anche Dropped, l’acquerello in cui l’immagine delle onde del mare vengono sovrapposte e confuse con altre trame di colore. Till Megerle è invece un disegnatore che per questa esposizione propone due lavori, entrambi senza titolo: un carboncino su carta ed un inchiostro, (tecnica più vicina all’incisione su carta). In una delle sue opere viene raffigurata una scena che parrebbe appartenere al mondo della mitologia o trarre ispirazione dalla vicenda di Adamo ed Eva, raccontata però attraverso due figure di sesso maschile; il riferimento a quest’ultima ipotesi è l’immagine di un albero ed un inciso che si scorge all’interno dell’opera e che recita “assaggia la mia carne”. Di Kamilla Bischof sono gli olii su tela come “Shaumbad”, letteralmente “bagnoschiuma”, che racconta di una pittura surreale mentre in altri ricorre spesso l’elemento concettuale di una scarpa femminile dalla punta inverosimilmente allungata, i colori, talvolta mescolati in maniera disomogenea con pennellate veloci fanno pensare alla pittura messicana, mentre si scorge qualcosa dal sapore vagamente “picassiano” nelle figure rappresentate . Silver fox è il titolo di una delle sue opere e solo in questo caso probabilmente è possibile avvistare una sorta di rimando al titolo della mostra: la volpe diventa d’argento per effetto di un passaggio da un materiale all’altro, proprio come prevede l’alchimia e – se tentiamo di allargare il campo semantico di riferimento – è possibile arrivare ad affermare che tutta l’arte è un processo alchemico se ne si considera la capacità di trasformare la realtà.



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