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Il 10 aprile scade il bando “Scritture”: la nuova Scuola di Drammaturgia diretta da Lucia Calamaro. Un’intervista

Roberta Leo

Nasce Scritture la nuova Scuola di Drammaturgia diretta da Lucia Calamaro, da una inedita e preziosa collaborazione tra Riccione Teatro (soggetto capofila), Teatro Stabile di Bolzano, Teatro della Toscana, Teatro Bellini di Napoli e Sardegna Teatro. La Scuola è aperta a quindici partecipanti che verranno selezionati tramite bando (in scadenza il 10 aprile e online sul sito www.riccioneteatro.it). Si tratterà di una scuola itinerante che farà viaggiare i suoi appuntamenti in diversi spazi culturali dal 24 maggio al 21 novembre 2021. Tra sessioni di lavoro collettivo e individuale, masterclass, presentazione pubblica dei testi e varie mise en espace finali, la scuola nasce con l’obiettivo di fare un tentativo di rilancio del teatro post-Covid partendo dagli autori e, soprattutto da nuovi contenuti e modalità.

Abbiamo intervistato Lucia Calamaro per esplorare questo tentativo di sperimentazione della scrittura drammaturgica immergendoci nella poesia, nella letteratura, nella didattica ma anche nell’incertezza che accompagna il nostro tempo.

Lucia Calamaro. Foto di Guido Mencari

Lucia Calamaro, che cos’è per te la scrittura teatrale e cosa vuol dire scrivere per il teatro nel 2021?

Sicuramente per me è un processo evocativo, con una forte dimensione fantasmale. Queste persone/personaggi che vengono da chissà dove, a dire a chissà chi seduto nel buio della platea, i loro triboli, un po’ mi incantano. Come persona, spesso sbagliando, identifico gli altri esseri umani con quello che dicono, più che con quello che fanno. E anche se è un errore ci casco, ci credo. Amo le parole. Ne subisco il fascino. O la noia. Ma c’è da dire che la parola scritta per essere verbalizzata nel teatro ha per me, sempre e comunque, una netta connotazione di processo veritativo. Rispetto al teatro del 2021 e degli anni a seguire, credo sia una domanda impossibile: non ho pronostici né certezze, lo attraverso contraddittoria e parecchio urtata di nervi, stando attenta, prendendo nota, creando allarmi di pensiero.
C’è stato un enorme “avvenimento”, nell’accezione di Alain Badiou, ancora solo in parte comprensibile per le povere bestie che siamo. Non so ancora come chiamare quello che stiamo vivendo, come nominarlo soggettivamente al di là del fatto concreto. Credo quindi che per l’artista – non solo di teatro – sia in corso una variazione di possibilità, o meglio, una nuova responsabilità: intercettare una potente svirgolata esistenziale rispetto al fare e al dire di prima. Una frattura di paradigma, una nuova rovina, cambia le cose? Cambia le persone? Forse. Ma che forme prenderà, e se le prenderà o meno, non saprei. Si può sempre fare finta di niente. E comunque anche se la palla di neve è stata scossa, forse fessurata, la neve sta ancora cadendo, proprio adesso, e non sappiamo dove.

La scuola di drammaturgia Scritture nasce dall’iniziativa di cinque istituzioni teatrali impegnate a sostegno della drammaturgia italiana contemporanea: Riccione Teatro (capofila del progetto), Sardegna Teatro, Teatro Bellini di Napoli, Teatro Stabile di Bolzano e Teatro della Toscana. Quali sono i punti di forza e il contributo al progetto di ciascuna di queste istituzioni?

Il punto di forza è che siano insieme. Molto diverse. Molto coese. Molto presenti. Le abita il principio della staffetta che governa la squadra istituzionale di Scritture.

La scuola si propone di avere un approccio sperimentale e non dogmatico, un metodo creativo che coltivi la personalità di ogni allievo. Tuttavia, è previsto un percorso didattico e delle fasi di lavoro ben definiti. Come si fa a conciliare questi due aspetti senza che uno prevarichi l’altro?

Direi che la scuola segue una poetica della titubanza e del tentativo. Questo non vuol dire che non ci siano scalini di apprendimento, anche se il più forte di tutti è sicuramente quello di saper stare comodamente nel dubbio e capire che questa è la zona necessaria alla scoperta. Insomma, se non ti fai le domande, è molto difficile che ti arrivino le risposte.

Sono previsti incontri con la poesia e la letteratura in cui queste si intrecceranno con il testo teatrale. Si tratta di una necessità tecnica o stilistica?

Entrambe. Il teatro, secondo me, è sempre stato il fratello gemello della poesia, due fratelli separati alla nascita. La loro alta funzione simbolica li accomuna e li allontana dal romanzo. Ma sono simili anche nelle loro vesti editoriali: quei libricini piccoli, leggeri, che li tieni con una mano, identificano sia i libri di teatro che di poesie. E in entrambi gli ambiti, essendoci comunque una pressione molto limitata del mercato, vige una grande libertà di rapporto con il linguaggio, e con i contenuti.  Si dovrebbero frequentare di più, poeti e teatranti. Sarebbe bello. Noi qui facciamo da facilitatori di incontri.

Ormai fioccano corsi online di ogni tipo. La formazione sembra essere l’unica modalità affinché il mondo dello spettacolo dal vivo sopravviva in un momento in cui ogni contatto è precluso. Scritture vede nell’incontro e nella restituzione al pubblico dei momenti – giustamente – imprescindibili del percorso formativo. È una scelta sicuramente coraggiosa: quanto sarà concretamente attuabile?

Mettiamola così. Quando esci di casa, sai mai veramente che ci ritornerai? Ne sei certa? Controlli pienamente tutti i livelli d’incidente? No, semplicemente esci lo stesso. Allora noi, con Scritture, intanto usciamo.

 

[Immagine di copertina: foto di Guido Mencari]



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